COCAINA: ovvero, alla
ricerca di un paradiso!
di Pier Luigi Nanni
Settimana scorsa sono stato invitato, come operatore della pubblica
istruzione, ad un seminario dal titolo alquanto inquietante che, purtroppo,
coinvolge sempre più i nostri giovani: la droga, nello specifico, tutto ciò che
riguarda l’uso e l’abuso della cocaina, ovvero, alla ricerca di un paradiso …
Il
convegno è stato tenuto da vari ed importanti addetti al settore, sia analisti,
medici e rappresentanti delle istituzioni, i quali hanno messo “a nudo” questa
situazione che, purtroppo, si sta espandendo sempre più a macchia d’olio in
ogni settore ed attività della società. Inoltre, è sempre maggiormente evidente
che la somministrazione di tale droga, cocaina, e non solo quella ma di tutta
una serie di micidiali acidi ed altre porcherie, colpisce età sempre più
giovani: si è arrivati che “si fanno” BAMBINI di 10-12 anni!!!
Un noto ricercatore americano ha
presentato, molto “freddamente”, quella che la cocaina è: semplicemente un
alcaloide … pertanto eccola descritta analiticamente.
La cocaina è un alcaloide bianco,
cristallino, derivato dalla foglia dell’arbusto di coca, ERYTROXYLON COCA,
coltivato sui rilievi andini del Sud America. La pianta cresce meglio sul
versante orientale delle Ande, in Bolivia ed in Perù, tra i 400 ed i 2000 m
s.l.m., in zone fresche, umide ma che non gelano mai ed è sempre verdeggiante,
con una temperatura annua media tra 10-20 °C, inoltre vi è una minima
escursione termica tra il giorno e la notte.
La
pianta richiede scarse attenzioni di coltivazioni e fornisce da tre a quattro
raccolti all’anno, notevole vantaggio che poche altre varietà arboree possono
offrire. Se non viene potata, la pianta coltivata può svilupparsi fino a 3,5 m
di altezza, per cui l’albero viene cimato fino a ridurlo ad un’altezza di
90-100 cm mantenendolo così ad un’altezza raggiungibile e costringendolo a
ramificarsi verso l’esterno, ad ispessirsi ed a produrre più foglie.
La foglia verde, lucida nella pagina
superiore ed opaca in quella inferiore, varia di dimensioni e forma a secondo
le sottospecie di E. COCA
a cui appartiene, ma generalmente è ovale, appuntita all’estremità esterna e
profondamente segnata da una vena centrale; lunga da 2-10 cm e larga da poco
più di 1-5 cm ed è la parte redditizia del raccolto.
L’esistenza e l’uso della foglia risalgono
almeno ad un migliaio di anni fa, in quanto indispensabile nelle cerimonie
religiose degli incas degli altopiani. Nel XVI° sec, i conquistadores spagnoli
che volevano imporre la loro morale, ne scoraggiavano l’uso tra gli indios che
lavoravano come schiavi nelle miniere d’oro del re, finchè non scoprirono il
suo potenziale come incentivo nella giornata lavorativa di ventiquattro ore!
Tuttora,
diversi milioni di indios dell’altopiano masticano la coca per combattere la
fatica e per anestetizzarsi contro la violenza dei venti e le gelide
temperature di altitudini che arrivano a tremila m s.l.m.: è per tirarsi su di
giri!
Le
foglie vengono fatte accuratamente seccare sopra un fuoco o al sole, poi
lasciate “sudare” per almeno tre giorni, finchè da secche diventano flessibili.
Il masticatore indio di coca, coquero,
mastica la sua dose di foglie insieme con una pasta di cenere alcalina o con un
pezzo di limetta, ingredienti che liberano gli alcaloidi contenuti, dei quali
almeno quattordici sono stati isolati in laboratorio dalla foglia, ma solo uno
di essi è cocaina. Al naturale, la pianta contiene solo dallo 0,5 all’1,5% di
cocaina, un alcaloide amaro, per cui gli indios preferiscono le foglie più
dolci in quanto ne contengono meno.
L’infuso del papa Leone XIII°, VIN COCA MARIANI, era preparato con le foglie e non,
come si è sempre comunemente ritenuto, con la cocaina pura: era un tonico per
il quale il farmacista parigino Angelo Mariani sceglieva soltanto le foglie più
dolci e pertanto era stimato per il suo valore terapeutico da molti uomini
potenti della società europea del XIX° sec.
Nella sua forma naturale, la coca è
piuttosto nutriente. Contiene vitamina C e molte altre vitamine del gruppo B,
in quanto essendo uno stimolante che non da assuefazione, è raccomandata nella
preparazione di innumerevoli farmaci terapeutici nella medicina moderna.
Guarisce il mal di montagna, tonifica tutto il tratto digestivo ed aiuta a
mantenere sani la bocca ed i denti: proprietà che risultano dall’interazione
tra la cocaina e gli altri componenti presenti nella foglia.
Secondo
il dottor Andrew T. Weil, acuto ricercatore presso il museo botanico
dell’università di Harvard, afferma che “ … se esiste un problema cocaina, consiste
nella confusione tra la foglia intera ed un singolo componente che è stato
isolato: tale confusione è un retaggio della cattiva informazione scientifica
del secolo scorso, che ci ha imposto un’insidiosa polvere bianca privandoci dei
benefici di un’utile medicina verde”.
E questo ci porta, immancabilmente, ad
esaminare “l’insidiosa polvere bianca”
quale forza maligna immotivata che si chiama appunto, cocaina, alla quale viene
attribuita la caduta di più un’anima sventurata, ma che, sotto tutti gli
aspetti, è molto meno maligna di quanto si maligni su di essa.
La coca arrivò nell’Europa occidentale
insieme col sangue e l’oro degli incas, ma soltanto nel 1885, uno scienziato
tedesco di nome Gaedcke, isolò per la prima volta un alcaloide che chiamò ERYTROXYLINA dal nome generico della pianta
classificata da A. L. de Jussie ed elencata nell’Encyclopédie Méthodoque
Botanique di Lamark, col nome scientifico di ERYTROXYLON
COCA, nel 1783.
Il
nome della specie, coca, è spagnolo e deriva dalla parola di lingua quechua KUKA, poi da CUCA, che significa albero: l’albero più importante per gli
incas, ed è dallo spagnolo che un altro scienziato tedesco, il chimico Niemann,
purificò l’alcaloide di Gaedcke nel 1860, ne derivò il nome di cocaina.
La cocaina è un composto organico
cristallino, C17H21NO4 - benzolimetilecgonina, un estere di ecgonina, una
base amino-alcolica ed acido benzoico. Nella sua forma pura, è bianca con
cristalli oblunghi a forma di prisma, mentre il comportamento chimico è quello
di un idrato di carbonio con gli altri elementi che la compongono quali oltre
al carbonio, idrogeno, nitrogeno ed ossigeno che legati da covalenze, hanno gli
elettroni in comune. Essendo un alcaloide, la cocaina è, per definizione, una
base organica complessa; il suo pH è maggiore di sette per cui tendente ad una
naturale basicità ed in soluzione fa diventare blu la cartina di tornasole. E’
solubile in acqua e cedendo una coppia di elettroni non liberi, reagisce con un
acido formando un sale; è amara al gusto e quando è libera è un carboidrato;
non contiene grassi né proteine: una dieta di cocaina deve essere completata
con altro cibo per mantenere in vita. Questo era quanto sapeva Niemann nel
1860: questo e poco più.
Soltanto ventiquattro anni dopo, da un
medico viennese di ventotto anni, che non si distinse mai per il suo amore per
la tradizione, esaminò la cocaina per la prima volta in modo più approfondito,
si seppe qualche cosa di nuovo a proposito di quella droga. E dalla
pubblicazione di “Uber Coca” di Sigmund Freud e dei cinque saggi che seguirono,
usciti tra il 1884 ed il 1887, non è più stato fatto alcuno studio ufficiale
sull’effetto della droga sugli esseri umani.
Nel 1974, centoquattordici anni dopo la
scoperta della cocaina, novanta dopo Frued e sessanta dopo che il governo degli
Stati Uniti, preso da una prorompente mania di giustizia, aveva cominciato ad
investire massicce quantità di denaro per far rispettare le leggi che
proibivano il possesso e la vendita della cocaina, il dottor Robert Byck,
farmacologo della Yale School of Medicine, ebbe un contratto di duecentomila
dollari dal National Institute on Drug Abuse, per studiare gli effetti acuti
della cocaina sull’uomo. I saggi di Freud sulla cocaina, scritti mentre vari
chirurghi la stavano sperimentando come anestetico locale, descrivono in
dettaglio i risultati della ricerca da lui condotta su se stesso e su un
collega, rimangono l’unica fonte di dati empirici a disposizione degli
scienziati moderni. Ciò che oggi si sa della cocaina sono soprattutto dicerie.
Le ricerche di prima mano di Freud e le prove cliniche che ha fornito, sono
rimaste sepolte per anni: a lui sopravvisse soltanto il folclore!
La cocaina, assunta internamente, sia in
forma di cristalli che in soluzione, agisce come stimolante del sistema nervoso
periferico. L’azione assomiglia molto a quella di altri farmaci antidepressivi.
La norepinefrina, o noradrenalina, è l’ormone prodotto dai nervi del simpatico
con terminazioni periferiche ogni qualvolta vengono stimolati e che causa un
rialzo della pressione sanguigna, normalmente viene assorbita dal nervo così
rapidamente che la reazione è impercettibile: la cocaina rinforza lo stimolo
inibendo il riassorbimento di questo componente naturale da parte del nervo
stesso, per cui inibisce la conduzione degli impulsi lungo le fibre nervose del
corpo.
Non
ci sono prove cliniche per sostenere che un simile processo avvenga anche a
livello del sistema nervoso centrale, ma è sempre più avvalorata l’ipotesi che
possa essere così. Inoltre, poiché non vi è nessuna prova concreta inerente al
fatto che la cocaina aumenti la forza di contrazione muscolare, si presume che
la capacità della droga di alleviare o ritardare l’affaticamento risulti da una
decisa stimolazione centrale, la quale maschera tale sensazione.
Mentre
la pressione sanguigna aumenta notevolmente, la temperatura corporea, a causa
dell’accresciuta attività muscolare sotto stimolazione nervosa e della
diminuita eliminazione di calore dovuta alla vasocostrizione, sale, in quanto
la cocaina è notevolmente pirogenetica: il battito del cuore accelera, le
pupille si dilatano e ci si sente su di giri!!!!
Il corpo metabolizza molto rapidamente la
cocaina e la salita è breve, in quanto ha un effetto più rapido se iniettata o
strofinata sulle gengive, e meno rapido se viene inghiottita, poiché è
idrolizzata nel tratto gastrointestinale, lo stomaco comincia a scinderla
immediatamente anestetizzandone la parete.
Coloro
che ne fanno uso inalandola, ricercano l’impressione di un veloce salire che
interviene quando la polvere, dissolvendosi nel naso e nella parte superiore
della gola, viene rapidamente assimilata nella corrente sanguigna con la
sensazione di respirare liberamente e profondamente che si prova quando la
cocaina restringe le membrane mucose e libera i bronchi. Quella sensazione di
“fresco” molto apprezzata, è data dell’attutirsi della sensibilità che segue
l’anestetizzazione della mucosa del naso: se si tratta di autentico freddo, è
dovuto esclusivamente da un “taglio” pesante e marcato, non solo di vari
componenti aggiuntivi per renderla meno pura ed accrescerne il peso, di novocaina
o lidocaina.
La circolazione rapida della cocaina,
generalmente definita “flash”, cioè
come un lampo, è particolarmente intensa quando la droga viene assunta in
soluzione per via endovena ed è sicuramente la più rischiosa. Allo stato
attuale di grande e disperata diffusione di questa droga, la quale età di prima
“prova” si è notevolmente e pericolosamente abbassata ai tredici/quattordici
anni, e dalla varietà del tutto casule dei tagli a disposizione di qualunque
spacciatore dalle cui mani passa la “neve”
che si vende per strada, iniettarsela è veramente stupido: così pure fare
uso di qualsiasi droga nella ricerca di qualcosa e sensazioni che nella vita di
tutti i giorni non si riesce ad avere o percepire.
Gli effetti della cocaina sull’individuo sono
così sottili che molti non riconoscono le proprie reazioni finchè non vengono
fatte loro notare. Un elevato numero di maniaci dell’acido, la maggior parte di
quelli che amano i funghi allucinogeni, i tossicomani di qualunque genere, gli
alcolizzati ed alcuni accaniti fumatori di marijuna, ritengono che la cocaina
sia uno spreco di denaro e la detestano, in quanto non da alcun gusto! E’ una
droga strettamente motoria e non altera le percezioni, non ti carica, niente
visioni, nessuna distorsione spazio-temporale, nessun pericolo ne divertimento
e tantomeno gusto se non quello di alterare il proprio equilibrio
psico-chimico. I recidivi consumatori di cocaina sono soggetti a depressioni
suicide se privati della droga, poiché non da assuefazione e non sviluppano una
tolleranza fisica. Qualsiasi “brama” di
cocaina nascerà con lo stesso meccanismo psicologico con cui si sviluppa il
desiderio impellente ed irrazionale di denaro, di sesso e di dolci. Ne la
cocaina è un afrodisiaco in quanto non vi è nulla nella composizione chimica, a
parte le sue naturali proprietà stimolanti del sistema nervoso periferico ed
efficaci sull’umore, che possano in qualsiasi modo indicare che la sostanza
aumenti la risposta sessuale nell’uomo, anche se far entrare in circolo in
qualche secondo cento euro di una dose e rischiando cinque anni di galera, deve
pur avere qualche effetto sulla libido! La maggior parte delle dicerie sulla
droga, compresa quella della sua proprietà di prolungare il rapporto sessuale,
non sono altro che emerite panzane.
L’inalazione, se protratta per lungo
tempo, irrita e danneggia irreversibilmente il tessuto del naso, specialmente
il setto nasale: la vasocostrizione divenuta cronica, da luogo ad ischemia e
susseguente rilasciamento della mucosa che protegge il setto, il quale non
essendo vascolarizzato, ne è la causa della perforazione. Inoltre, poiché la
cocaina viene scissa e detossificata dal fegato, crea grossi problemi epatici
attivando serie e complesse mutazioni del regolare funzionamento di questo importante
e determinante organo.
Ci sarà pure una ragione per aver chiamato
la cocaina “NOSE CANDY”, leccornia per il naso! Piace e fa
sentir bene, in quanto da, oltre alla spinta caratteristica dolce e sottile,
quell’urto psichico che accarezza la mente ed infonde potenza trasportando al
di là dei sogni appunto: alla ricerca del paradiso!