sabato 6 aprile 2019

VINUM SALUS!!!


VINUM SALUS!!!
   Basta non alzare troppo “il gomito” possiamo bere tranquillamente poiché il vino fa bene!
A dire la parola definitiva a tale riguardo, frutto di attente ed articolate ricerche nonché riscontri accertati, sono gli innumerevoli medici, farmacologi e biochimici che quotidianamente si susseguono nell’approfondimento della conoscenza del prodotto “vino”.
   Il vino, da sempre, ha accompagnato l’uomo nella sua evoluzione dando quella forza necessaria per poter affrontare non solo gli ostacoli della natura, ma anche gli insuccessi della vita e lenire il dolore delle ferite.
Compagno indispensabile di feste e convivi, è stato il primo disinfettante ed anestetico se cosparso sulle ferite.
   Fin dai tempi antichi il vino ha avuto appassionati fautori ed acerrimi nemici.
   Ippocrate, padre della medicina, nel trattato “Libro della salute”, considera il vino un medicamento utile a migliorare la digestione, le funzioni renali e le qualità psichiche: secondo le indicazioni, il grande medico precisa quando debba essere preso puro o diluito, vicino o lontano dai pasti, caldo oppure freddo.
Asclepiade, medico stimatissimo e dotto, contrario ai purganti, ai salassi ed alle sostanze che provocano il vomito, prescrisse sempre abbondanti dosi di vino per dilatare i pori e far uscire dal corpo, col sudore, le sostanze responsabili delle malattie.
San Paolo, in una epistola a Timoteo gli consiglia: ” … non usare più per l’innanzi acqua sola nel tuo bere, ma un poco di vino per il tuo stomaco e le tue frequenti infermità”.
Per Platone, l’uso moderato del vino è un toccasana per le infermità, in quanto da forza e ringiovanisce il corpo e la mente.
Cicerone ‘inventò’ l’etimologia del nome e si vuole che vino derivi contemporaneamente da vir - uomo e sis - forza. Riconosceva inoltre al vino dei Castelli, il merito principale della sua affascinante oratoria.
E’ certo comunque, che gli antichi progenitori non avrebbero scomodato un dio per tutelare le insidie del vino se non avessero intuito che questo nettare per gli uomini aveva in sé una duplice potenzialità: quella del rimedio e quella del veleno.
Di seguito, molti medici si pronunciarono sulle doti curative del vino.
Negli ospedali di Roma del ‘600, ai degenti veniva data una zuppa di vino per le sue proprietà curative e rilassanti, ed agli ammalati senza speranza si propinavano dosi di vino forte e ravvicinate come analgesico e sedativo.
In Francia, si arrivò addirittura a scrivere un singolare libretto intitolato “Curatevi col vino” con inevitabile sciovinismo di consigliare però solo vini francesi! Vale la pena di ricordare alcune sue prescrizioni: i cardiopatici hanno bisogno di potassio, ben rappresentato nello ‘champagne’ che è ricco anche di zolfo; utile per le malattie allergiche l’uso protratto di ‘medoc rosso’. Vi è poi un vino per regolarizzare la motilità intestinale, per i disturbi della menopausa, per la gotta e altro ancora: tutti rigorosamente francesi!!
Anche se il grappolo d’uva è il simbolo dell’unione e dell’amicizia ed il calice quello della festa conviviale, il vino ha trovato nei secoli anche medici irriducibili che contestavano il vino e altri che lo vietavano: in ambedue i casi con atteggiamenti pregiudiziali e senza alcuna conoscenza degli effetti sugli organi.
Lo sviluppo della conoscenza medica chiarì negli anni gli effetti benefici e dannosi dell’alcol sul nostro organismo.
Ma veniamo ad oggi, alle conoscenze scientifiche che, pur parziali, accumulano la vite nei rapporti con la salute fisica e psichica dell’uomo.
   Gli scritti medici riguardano sempre gli effetti nocivi delle dosi eccessive, confondendo così le azioni del vino con quelle dell’abuso alcolico e della dipendenza che esso può dare, trascurando quasi sempre un fattore importante: il vino non contiene solamente alcol, ma centinaia di altre sostanze che interagiscono coi diversi apparati del corpo umano, principalmente col cuore e coi vasi sanguigni.
Le lunghe ed approfondite indagini epidemiologiche sui rapporti fra dieta e infarto, hanno portato alla dimostrazione che le malattie coronariche erano meno frequenti nelle popolazioni che bevevano vino rispetto a quelle che sorbivano birra, idromele o altre bevande alcoliche.
Il vino svolge azione dissetante, integra la dieta, facilita la digestione, nonché allieta i simposi, vivacizza le feste e delizia l’occhio, l’olfatto, il gusto col suo calore e i suoi profumi, aromi e sapori.
Potente battericida, poiché in pochi istanti distrugge il vibrione del colera, i batteri del tifo, della dissenteria ed altri ancora.
Alla base di molti pregiudizi, vi è poi da sempre il notevole equivoco rappresentato dal fare coincidere il vino con l’alcol. Ciò che impone la moderazione nel bere, è la presenza dell’alcol etilico in quantità dal 10 al 14% e oltre, per i vini passiti e liquorosi, anche se il vino è costituito da circa l’80% da acqua biologica, cioè pura.
A digiuno, dopo cinque minuti dall’ingestione, l’alcol inizia ad essere assorbito nello stomaco e nella prima parte dell’intestino, agendo sulla colecisti e direttamente sulle cellule del fegato che ne procura la necrosi e l’impossibilità che queste si possano nuovamente riprodurre: invece a stomaco pieno l’assorbimento avviene dopo quasi due ore.
Si considera che un individuo sano può metabolizzare 1g di alcol per ogni kg di peso corporeo, legato allo stato di buona salute, per cui bevuto moderatamente, il vino svolge varie funzioni benefiche.
- alimentare - soprattutto energetica, poiché mezzo litro con titolo alcolometrico del 12%, forniscono circa 35 kal; inoltre favorisce il ricambio delle sostanze minerali e vitaminiche.
- diuretica - indicato per ipertesi e nefropatici.
- eupeptica - aiuta la digestione tramite una maggiore secrezione gastrica dovuta agli acidi organici.
- profilattica e curativa - nei casi della morsa toracica di angina pectoris, ne dilata velocemente le coronarie; abbassa il tasso di colesterolo totale e innalza quello “buono - HDL” tramite il resveratrolo contenuto nelle bucce delle uve nere; contiene malvoside, un potente disinfettante trentatre volte più attivo dell’acido fenico; 110 ml di vino rosso hanno la stessa efficacia di 550 UI di penicillina, e ne regola la flora batterica neutralizzando i colibatteri che generano infezioni; stimola l’azione neuromuscolare contro la stanchezza psicofisica.
- psicotropo - produce un leggero senso di benessere dovuto alla modesta ma riscontrabile vasodilatazione.
   Volendo concludere queste poche ma certe notizie storiche-scientifiche, possiamo sicuramente definire che è salutare l’assunzione abituale, in moderata quantità, dei vini sia bianchi che rossi, per ciò che essi sono, ossia le caratteristiche organolettiche e voluttuarie, con modalità consone al contesto sociale e culturale di appartenenza in situazioni appropriate conservando sempre la capacità di controllo dell’uso: in tali casi, il vino non solo è tollerabile, ma addirittura consigliato per gli effetti positivi che esercita.
Noi italici, possediamo la notevole fortuna di essere al centro del Mediterraneo per cui l’uva che nasce da questa terra e maturata da questo sole, non può che trasmetterci lo stesso calore e gioia di vivere tramite il suo prodotto principe: il vino!!!

SI BEVE MENO, MA SICURAMENTE MEGLIO!


Si beve meno, ma sicuramente meglio!!!
   In questi ultimi anni si è assistito ad un significativo cambio d’immagine del vino italiano: da prodotto tipicamente contadino e piuttosto banale, ad alimento nobile ed edonistico, perfettamente in grado di essere il protagonista nei convivi importanti, esaltando la complessità dei sapori che gli innumerevoli ingredienti coinvolti possono manifestare.
Ciò si può considerare un neo blasone che non nasce spontaneamente ed altrettanto casualmente, ma da un susseguirsi di fattori che hanno contribuito a nobilitare questo nostro prodotto.
   L’indimenticabile Luigi Veronelli già alla fine degli anni ’60, esaltava le micro produzioni di alto contenuto qualitativo, dando così l’avvio alla scalata dell’immagine e del reale incremento qualitativo: mancando questo punto di arrivo, la struttura enologica italiana, per quanto importante e ricca di unicità, non riuscirebbe a reggersi e soprattutto …. sopravvivere!
Negli anni che seguirono, questa valutazione giudicata inverosimile ed improponibile nell’allora situazione produttiva sempre più mirata alla quantità a scapito della qualità, ebbene, diverse aziende, soprattutto toscane, iniziarono quello che venne giustamente definito il “Rinascimento del Vino Italiano” impiegando le nuove e moderne tecnologie che stavano facendo il loro ingresso in quello che fino ad allora la si poteva considerare un’enologia arcaica: seguendo il modello francese e sollecitate dai paesi emergenti come la California, Cile, Argentina, Australia ed il Sud Africa, si applicavano, se pur con circospezione, in vigna ed in cantina di trasformazione. I risultati di questa rivoluzione tecnologica, si sono presentati immediatamente, quando diversi nostri vini parteciparono con timore ed in punta di piedi, per non “infastidire” soprattutto i blasonati francesi, nei primi concorsi enologici internazionali che si stavano iniziando a programmare: la curiosità e l’interesse del consumatore straniero fu brillantemente sollecitata, e da allora i vini italiani sono andati sempre più incontro a riconoscimenti unanimi da parte di giurie e wine-tasting.
   Attualmente, in virtù di queste promozioni, i grandi vini prodotti su tutto l’italico territorio, dalla Valle d’Aosta passando per la Padania ed il nord-est, proseguendo per la fascia centrale ed il profondo sud, senza dimenticarsi delle isole, stanno viaggiando più sui mercati esteri che sul suolo nazionale: potrebbe apparire un controsenso, ma il vino italiano è maggiormente considerato oltre i nostri confini nazionali, avvalorando sempre più il detto “Nemo profeta in patria!”
   Negli ultimi trent’anni si è verificato un notevole calo dei consumi pro-capite, dai 110 litri agli attuali 28-31, aumentando però considerevolmente la quota di scelta dei vini DOC e DOCG con quasi il 34% della produzione totale: si beve meno ma si beve meglio! Tale accertata affermazione ormai sbandierata ai quattro venti, necessita che il vino ha bisogno di essere venduto e proposto in modo altamente professionale e da parte di conoscitori e non, come purtroppo avviene sempre più, da improvvisatori e faccendieri.
Non è nemmeno più sufficiente mostrare, da parte di altrettanti improvvisati pseudo ristoratori, una “Carta dei Vini”, quando c’è, magari scritta male, con errori e correzioni, onde poter dimostrare una grande quantità di vini, ma occorre motivare la scelta per un corretto e piacevole abbinamento, poiché è proprio questa l’affascinante peculiarità dei grandi vini.
Vanno serviti nel modo corretto, alla giusta temperatura e nel calice più appropriato, magari proposti al “bicchiere” per dare l’opportunità all’avventore di cambiare due o addirittura tre vini durante il susseguirsi delle varie portate: solo così si può esaltare il personale “eros” eno-gastronomico appagandolo compiutamente della sete dei sapori.