mercoledì 22 luglio 2015

PLACIDIA DOLCE


Tenimenti Fattoria Ca’ Rossa - Bertinoro
PLACIDIA DOLCE 2013
Vendemmia tardiva
Mosto parzialmente fermentato da uve stramature
di Pier Luigi Nanni

   Nel girovagare alla continua ricerca di rarità e prelibatezze enoiche, mi sono imbattuto in una piccola azienda familiare sita a metà costa tra la consolare Via Emilia ed il borgo di Bertinoro: siamo nel cuore della Romagna tra Forlì e Cesena ed a un passo sopra Forlimpopoli, patria dell’indimenticabile gourmet Pellegrino Artusi.


I padroni di casa, o meglio dell’azienda, un competente Massimo Masotti coadiuvato dalla cordialissima Liana, mi propongono vari assaggi di ottimi bianchi e grandi rossi in cui il sangiovese la fa da innegabile padrone, prodotti ed imbottigliati esclusivamente nell’ambito dell’azienda, mentre per concludere mi hanno fatto “sentire”, come si usa fare in queste terre, un vino dolce: stupefacente, unico, da lasciarmi senza parole!
Cercherò di enunciarne gli immancabili pregi.

   Vinificato in purezza da sole uve di albana gentile di Bertinoro raccolte in surmaturazione a settembre inoltrato, si presenta giallo paglierino carico con brillanti e marcate sfumature di un caldo e solare dorato tendente all’ambrato in quanto maturo di qualche anno.
Al naso si percepiscono lunghe sensazioni evolute e complesse di frutta bianca molto matura e sciroppata, soprattutto albicocca e pesca gialla, finale di cera d’api, spezie dolci e note agrumate di rara classe e finezza, lungo e deciso finale di datteri e fichi secchi: caratteristiche che sono riscontrabili anche al palato, la cui pastosa dolcezza avvolgente, vellutata e soave di frutta bianca e speziatura dolce, permangono senza essere eccessive; gradevole freschezza e piacevole retrogusto di delicate note di morbidi e sottili tannini naturali, raro patrimonio intrinseco del vitigno stesso, notevole struttura, caldo di alcol e … coinvolgente come la “solatia” Romagna!
   Perfetta con gustosi dolci al cucchiaio anche aggressivi come la cioccolata, ma è con portate saporite e grasse che esprime rare peculiarità: patées, formaggi cremosi e piccanti, erborinati o di fossa, se sposati con un velo di miele.
Pasteggiato con i dolci, è ottimo fresco di cantina, mentre con formaggi è preferibile a 15-16 °C; stappare al momento e servire in piccoli e brillanti tulipani per esaltarne le rarità organolettiche.

lunedì 13 luglio 2015

PIATTI FREDDI E ORGE

PIATTI  FREDDI  E  ORGE
Ovvero … D’Annunzio a tavola
“Mia cara Albina, / ... /
Certo la mia vita è molto strana.
Ma tu / ... / sai che non mi è mai riuscito di essere savio e ben regolato.” *
- 25 giugno 1933 -
Ecco, dopo ventiquattrore di orgia possente e perversa, dormo undici ore continue.
Vado subito a cercare, nel risveglio, il piatto freddo nel corridoio buio.
Mangio avidamente, non come un principe ma come un minatore, prendendo le fette colle belle dita.
O incanto della Fame, che trasmuta in ambrosia e in nettare il prosciutto cotto e il Porto di Ruby.” *
   Scrive così il Vate e già si comprende che ebbe un rapporto poco sistematico col cibo, passando da momenti frugali e di alimentazione necessaria, a momenti altamente rappresentativi con liturgie complesse e protratte.
Quasi un'altra forma di piacere, un'orgia del gusto.
E questo è quanto più dispiace ad un vero gourmet.
Ugualmente qualcosa di D'Annunzio sarebbe stata ben apprezzata da tutti: l'assoluta pretesa della qualità delle materie prime.
Su questo non transigeva e la sua cuoca Albina, un'orfana veneta che amò come una madre, si rese degna di essere “ … laudata nei secoli dei secoli … ”  * innanzitutto proprio per la qualità della materia prima che sempre, o almeno, dai tempi del soggiorno veneziano, 1916, sino alla fine in quel bresciano di Gardone Riviera dove si spense il primo marzo del 1938, riuscì a procurarsi. Innanzitutto le uova che il Vate amava sopra ogni cosa. Le galline erano rigorosamente allevate a terra esclusivamente all’interno del Vittoriale e questo per garantire che le amate uova sode che il poeta reclamava ogni giorno, sino a cinque al dì, fossero perfette, tant’è che il 21 dicembre del ’36 dedicò loro una godereccia e libidinosa lirica.
“Vendo la mia progenitura per un uovo perfetto come il tuo, sublimato dalla salsa di acciughe.
Scivolo sotto la tavola in uno svenimento che nessuna femmina mi farà mai provare.
Albina, sii laudata nei secoli dei secoli.
E risplendi in eterno nella Costellazione dell'Ovo e nella Nebulosa dell'Acciuga! Amen.” *
   D'Annunzio, che aveva fatto a Roma il cronista delle migliori feste dell'epoca, come desiderio più grande aveva l'uovo sodo con l'acciuga, dunque. In quelle stesse feste cosa mangiava e beveva? Nulla, poiché ha sempre detestato mangiare in pubblico e men che meno bere pubblicamente.
Se qualcosa di buono c'è da prendere dal Vate ancora oggi, questo certamente è un esempio da seguire.
Se non nulla, certamente il mangiare con moderazione e garbo in pubblico. Mentre tutti noi abbiamo ben chiaro, ad ogni livello sociale, “l'assalto alla diligenza” a cui vengono sottoposti i buffet offerti nelle varie occasioni sociali e mondane.
Riguardo al bere, è ancora più importante la moderazione, in quanto voleva sempre mantenere il pieno controllo di sé e l'eccesso rende goffi oltre che pericolosi, anche “brutti” e D'Annunzio amava il “bello”: proponeva il bello ed il piacere come compensa al controllo ed alla rinuncia momentanea. Un che sapeva essere di grande attrazione e curiosità per le signore e di invidia e di critica da parte degli uomini. Per non deludere né gli uni né le altre, mangiava prima di uscire e non beveva per non sottrarsi ad ogni onnivoro piacere che gli si sarebbe potuto offrire.
D'Annunzio aveva anche questa ottima caratteristica, oggigiorno in eclissi: essere onnivoro. Mangiava tutto e legava il cibo ad emozioni particolari. Col cibo nutriva consapevolmente prima la mente, poi il corpo. Sfuggiva alle catalogazioni e compiaceva le sue amiche partendo proprio dalle loro preferenze.
Albina, la devota cuoca che forse, anzi certamente lo amò intimamente, serviva a tutte le ore i piatti richiesti pur di rimanere nelle grazie del poeta. Egli, d'altro canto, per non disturbarla troppo, quando poteva, le lasciava dei messaggi in cui richiedeva un certo piatto chiedendole solo di sapere dove l'avrebbe custodito per poterlo condividere nella notte con l'amata, o in solitudine, senza disturbare la buona Albina.
Il Vate a tavola era lucidissimo e attento a livello maniacale. Si teneva in forma anche per via dell'altezza che non consentiva troppi strappi alla regola. Eppure era un “lupo della Maiella” sempre affamato che celebrava costantemente il collaudato sodalizio “eros e cibo” sapendo che la seduzione inizia a tavola, dove si presentano i piatti e ... noi stessi.
Il 4 febbraio del 1932 faceva presente che:
“Cara Albina, io detesto i cibi caldi e prediligo i piatti freddi …”  * e così abbiamo notizie riguardo a gustosissime galantine, culatello, vitello freddo e di salse di tonno a lungo pestate anche dal poeta stesso, pernice fredda, asparagi di bosco, insalata di arance di Sicilia, di dolci come il parrozzo, croccanti, marrons glacès, gelato di cioccolato e vaniglia. Apprezzava le tipicità e le promosse ampiamente, anticipando epoche e tendenze.
   A Napoli frequentò il Gambrinus; a Milano il Ristorante Santa Lucia; il Balzola, pasticcere dei Savoia, di Alassio; a Sirmione il Caffè Grand'Italia; a Villafranca Caffè Fantoni, che in suo onore creò l'Acqua di Fiume.
Seguiva giorni di digiuno in cui consumava poca frutta di altissima qualità e minuziosamente appuntava la provenienza di ognuno, uva di Pegli e di Bolzano, etc.
Maddalena Santeroni e Donatella Miliani, autrici del testo “La cuoca di D'Annunzio *
I biglietti del Vate a "Suor Intingola". 
Cibi, menù, desideri e inappetenze al Vittoriale. Novara, Ediz. UTET  [De Agostini] 2015, da cui sono tratte queste note, sostengono che proprio per questa sua attenzione, un attuale esperto di marketing ci darebbe forse ragione nel ritenere D'Annunzio “ … sicuramente ancora oggi il miglior testimonial dei prodotti tipici italiani.”

   Nel novembre del ’32, Gabriele stesso dice di sé: “Io ho per la cucina una attitudine singolare, una disposizione istintiva; e fin da' i miei giovani anni ne fa testimonianza la mia prosa in lode dei cuochi e in dimostrazione della necessità di non escludere ingiustamente dalle arti liberali l'arte della cucina ... “ *
Il 14 marzo 1934, un'epistola per Albina.
"Molto cara Albina, mi duole darti un dolore. Ma io ho una improvvisa passione per i Can-nel-lo-ni. Bisogna che tu abbia cannelloni pronti in ogni ora del giorno e della notte. Cannelloni! Cannelloni! Gabriele" *

19 aprile 1934.
"Mia cara Albina, da alcuni giorni mi è venuta una voglia pazza di certe costolette che tu mi facevi riducendo, a furia di battiture con un pestello di pietra, la carne più sottile di una buccia di banana, di una crosticina di pane sfornato, d'una fetta di patata fritta, e magari di un'ostia consacrata dell'Arciprete Fava. Te ne ricordi? La carne deve rimanere attaccata alla costola, all'osso della costola, ma dev'essere battuta non pestata. Questo è l'essenziale. Abominio le polpette, le pallottole d'Abruzzo e ogni altra specie simile. La costoletta deve essere sottile e secca non unta [...] Mi sono spiegato? Mi sono spiegato? Mi sono spiegato? La memoria non mi inganna. Tu mi facevi, or è molti mesi, costolette secche e quasi croccanti come patate fritte. Ritrovamele. Sono incinto di tre mesi, e temo di abortire mettendo al mondo un mostricino atrocemente costolettato. Salvami. Gabriele *


Ancora, 11 novembre del 1936 così scrisse ad Albina.
“Mia cara Albina, stamani, verso un'ora dopo mezzogiorno, io farò colazione nella Zambra della Zambracca, con la contessa mia amica. La mia amica dirigerà la colazione perciò ascolta le sue fantasie. Io mi contento pur sempre di due o tre uova. Grazie. Ti abbraccio. Gabriele.“ *

   Con questo, a pieno titolo, potrebbe oggi presenziare all' EXPO di Milano e se meno propenso, forse, a NUTRIRE IL PIANETA, certamente concorde nel vederci tutta l' ENERGIA PER LA VITA possibile.

Lorella Rotondi

lunedì 6 luglio 2015

SAN PATRIGNANO: FINALMENTE UNA FAMIGLIA ...

San Patrignano: finalmente una famiglia …
di Pier Luigi Nanni

  Non molto tempo fa, ho avuto il piacere e l’onore di essere stato ospite in un convegno organizzato da ARGA - Associazione Regionale Giornalisti dell’Ambiente e dell’Agroalimentare dell’Emilia Romagna - di cui ne faccio parte, presso la Comunità di San Patrignano a Coriano di Rimini.
Personalmente, è la seconda volta che visito tale istituzione, poiché fui invitato ai primi anni ’90 da parte dello stesso Vincenzo Muccioli, l’indimenticato fondatore.
L’impatto è stato magnificamente sconvolgente: non ho riconosciuto assolutamente nulla delle vestigie di allora, in quanto è una famiglia sotto ogni pensabile aspetto, ed ora “proverò” a spiegarne il perché, non solo con fredde statistiche, ma con l’amore e la disponibilità che tutti, e per tutti intendo veramente tutti, dall’ultimo accolto per riprendersi la vita nelle proprie mani, all’ambasciatrice della Comunità, Letizia e Gianmarco Moratti, coadiuvati da uno staff operativo di primordine.
   Da oltre trent’anni, San Patrignano accoglie gratuitamente ragazze e ragazzi con gravi problemi di droga senza fare alcun tipo di discriminazione ideologica, sociale e religiosa, in quanto non accetta rette o contribuiti economici dalle famiglie interessate o dallo stato italiano.
Attualmente i ragazzi accolti in comunità sono circa 1.300.
Dal 1978 ad oggi, San Patrignano ha accolto oltre 20.000 persone offrendo loro una casa, l’assistenza sanitaria e legale, la possibilità di studiare o riprenderli gli studi da dove erano stati abbandonati; inoltre, di imparare una professione, di cambiare radicalmente la propria vita e rientrare a pieno titolo ed a testa alta in quella società che fino ad allora li considerava reietti e non “degni” di convivere affianco alle “normali” persone.
Nella comunità svolgono attività anche oltre cento operatori volontari e circa trecento tra accoglitori e consulenti dei quali il 32,5% proviene dal percorso di recupero. Sono accolti anche settantacinque bambini, figli di operatori e di ragazzi che scelgono il percorso, numerosi nuclei familiari e trentatrè minorenni reduci da problematiche di disagio e consumo di droghe.
All’interno della struttura è attivo un centro medico con cinquanta posti letto altamente specializzato nelle malattie legate alla tossicodipendenza, un polo educativo e d’istruzione per i bambini, un centro studi, un teatro, un auditorium e numerose strutture abitative, sportive e ricreative.
Tra gli ospiti accolti ve ne sono alcuni che svolgono il percorso in alternativa al carcere: negli ultimi venticinque anni, la comunità ha sostituito oltre 4.000 anni di pene detentive con programmi riabilitativi orientati al pieno recupero ed al reinserimento sociale e professionale: niente male vero!!!
   La formazione professionale è una tappa fondamentale ed indispensabile del percorso educativo.
Nei diversi e molteplici settori e laboratori attivi e tecnologicamente attrezzati, indistintamente tutti i ragazzi accolti hanno la possibilità di esprimere le loro potenzialità, qualità ed aspirazioni, sotto l’attenta guida di maestri e professionisti del settore. Grazie alle numerose attività svolte all’interno ed all’esterno di San Patrignano terminato il programma educativo, i ragazzi possono confrontarsi con quel mondo da cui sono “usciti” sconfitti e che tornano da uomini liberi e responsabili per reinserirsi a pieno titolo nella società.
Dal 1989 al 2014, grazie ai centri di formazione della comunità, sono stati assegnati 516 qualifiche professionali e ben 1.367 attestati di frequenza. In effetti, sono numerosi le ragazze ed i ragazzi che hanno abbandonato gli studi a causa della tossicodipendenza, per cui in una struttura dedicata, è possibile colmare le proprie mancanze o intraprendere un nuovo percorso scolastico ed acquisire un diploma o una qualifica professionale.
   La comunità s’impegna da anni attivamente e con decisione, anche nel campo della prevenzione della tossicodipendenza, attraverso iniziative strutturate sul territorio. Dal 2002 al 2005 San Patrignano ha ideato e realizzato, in collaborazione con importanti realtà no-profit, le campagne nazionali antidroga per conto della Presidenza del Consiglio. Attualmente organizza, in collaborazione con istituti scolastici di tutta Italia, un tour di incontri-spettacoli “peer to peer” basati sulla testimonianza di ragazzi che sono usciti dalla tossicodipendenza, coinvolgendo 181.000 ragazzi in oltre 268 tappe sull’intero territorio nazionale.
   Secondo approfondite e specifiche ricerche sociologiche e tossicologiche svolte dalle università di Bologna, Urbino e Pavia su “campioni” di ex-ospiti della comunità, la percentuale di persone totalmente recuperate dopo aver completato il percorso a San Patrignano, superano il 72%.
I fondi necessari al mantenimento dei ragazzi e delle strutture derivano, in parte, dalle attività e dei beni e servizi prodotti secondo il principio dell’autogestione e, per il restante fabbisogno, da donazioni e contributi di privati.
Ogni anno, San Patrignano riceve centinaia di persone provenienti da decine di paesi del mondo.
Dal 1997 la comunità, essendo “Organizzazione Non Governativa”, è riconosciuta dalle Nazioni Unite con “Stato consultivo in materia di droghe e di problematiche sociali”.
Il comparto agro-alimentare
   All’interno dei 240 ha che costituiscono l’estensione della comunità, come già accennato, si sviluppano varie attività gestite e condotte esclusivamente dagli stessi ragazzi coadiuvati da abili assistenti anch’essi a loro volta accolti tanti anni fa. Le attività sono principalmente indirizzate verso il comparto agro-alimentare i cui prodotti latticini e caseari, allevamenti bovini, da cortile, suini e ovi-caprini, oleari, coltivazione orticola biologica, miele, panificazione e viticoltura, sono tutti eccellenti ed unici, di grande prestigio ed elevate qualità.
La filiera agro-alimentare di San Patrignano si basa su due attività sviluppatesi in parallelo fino dalla nascita della comunità: viticoltura e vinificazione, allevamenti bovini ed ovini da latte. Tali specifici settori, sono stati i primi centri di formazione professionale in cui sono stati impegnati i ragazzi che portano avanti il percorso di recupero in comunità. L’apprendimento di un mestiere è per loro indispensabile al fine di un proficuo reinserimento sociale al termine del percorso di recupero dalla droga.
Nel corso degli anni, grazie ad esperienze, competenze acquisite ed all’apporto di specifiche professionali del settore, i vini ed i formaggi, prodotti inizialmente per l’autoconsumo, sono diventati eccellenze enogastronomiche conosciute ed apprezzate non solo nel territorio nazionale, ma in tutto il mondo, si sono aggiudicati prestigiosi riconoscimenti.
Successivamente, San Patrignano ha sviluppato un allevamento di suini, caratterizzato dal recupero e selezione della razza autoctona del territorio, la “mora romagnola”, finalizzato alla produzione di insaccati di alta qualità, genuinità e tipicità.
Inoltre, in questi ultimi anni ha preso vita il comparto oleico per la produzione di olio d’oliva extravergine sia da olivi delle colline riminesi che a Cecina, nel livornese, dove San Patrignano possiede un oliveto di dodici ettari altamente selezionato e specializzato.
A seguito della notevole produzione enogastronomica, San Patrignano ha pensato di fornire una formazione professionale ai suoi ragazzi nel settore della ristorazione per cui è nata la pizzeria “O’Malomm”, dove le pizze sono preparate con lievito madre ed i prodotti a km/zero della comunità che per le tavole del “Ristorate Vite.”
   E’ stata un’esperienza meravigliosa ed unica vedere e “toccare con mano” un’operosità e disponibilità senza fine donate con gioia e piacere per contraccambiare quando, al momento di essere accolti, queste povere creature perse in se stessi ed in un mondo da cui tentavano ma senza riuscirci, di scappare, avevano a loro volta ricevuto.

Per tutti, indistintamente, San Patrignano è la FAMIGLIA che ha saputo accoglierli, accettarli ed aiutarli con l’affetto che solo una famiglia può dare senza chiedere nulla in cambio: se non è amore tutto ciò, perdonatemi ma allora qualcosa di estremamente importante e profondo è sfuggito a tutti noi …