martedì 12 dicembre 2017

NUTRIZIONE O NUTRIZIONISMO

NUTRIZIONE O NUTRIZIONISMO?
   Parlare di nutrizione significa, anzitutto, narrare dell’uomo, dalla sua crescita e delle personali e intrinseche relazioni, in quanto non può esistere un’attività umana che non tenga presente del cibo o bevande, delle relative modalità e tempi di preparazione, somministrazione e assunzione.
Quando si enunciano dei gusti o scegliamo un cibo anziché un altro, stiamo comunicando una personale visione del mondo come lo gradiremmo, ma soprattutto di come lo stiamo vivendo: in altre parole, il cibo è parte attiva del nostro vivere sociale. Il desinare tutti insieme è stata, probabilmente, la primordiale forma di socialità che l’uomo abbia attuato nel percorso evolutivo, del resto, anche in molti mammiferi si può osservare il medesimo comportamento.
   Attualmente, e sempre maggiormente, è presente un uso non alimentare del cibo, cioè un esercizio che lo si può definire “simbolico”. Ecco utilizzare il cibo per migliorare il proprio aspetto, acquistare forza fisica, dimagrire o ingrassare, per cui l’atto di mangiare è l’obiettivo a sé stante e quindi scorretto: è l’inopportuno strumento per sentirsi più o meno in sintonia con se stesso e con la comunità in cui si vive.
Innumerevoli volte il cibo ricopre significati particolari secondo il personale stato d’animo di ognuno di noi.
Sono noti alcuni alimenti specifici che si mangiano per provare euforia o placare stati d’ansia.
- I cibi, ma soprattutto le bevande vietate ai bambini quali vino, birra, super alcolici e il caffè, da sempre hanno rappresentato nella loro assunzione, un momento di forza e coraggio, particolarmente quando sono consumati in gruppo.
- La cioccolata e i dolci in genere, si assumono quando sentiamo il bisogno di essere consolati o coccolati o addirittura a seguito di una delusione subita.
- Il latte, fondamentale ruolo di alimento-sicurezza e rassicurazione, in quanto il primo alimento che nascendo, ne siamo entrati in contatto.
Tutto questo pone in evidenza il cibo nella sua funzione sociale, per cui esistono alimenti gradevoli da mangiare, ma anche buoni per sentirsi ottimamente con gli altri e con se stessi.
E’ risaputo che la bocca è il primo e indispensabile “strumento” per la conoscenza del mondo, in quanto il primo atto che ognuno di noi ha compiuto, uscendo dal protettivo grembo materno, è stato quello di cercare subito e disperatamente, cibo e rassicurazione: l’allattamento al seno ha rappresentato il primario strumento per la conoscenza del mondo. Successivamente, anche il portare alla bocca qualunque oggetto che ci capitava a tiro, è stato il mezzo istintivo e forte per metterci in “relazione” col mondo che ci circondava.
Anche quando da neonati eravamo insoddisfatti per un qualcosa che o non ci veniva dato o non piaceva, il gesto spontaneo delle mamme è sempre stato quello di soddisfarci e tranquillizzarci con l’allattamento: da questo attimo magico, tutto il mondo intorno a noi diveniva paradisiaco e in equilibrio con noi stessi in quanto tutto si placava e la sensazione di sazietà era perfetta!
Se ne deduce che la bocca è il sito in cui si celebra l’unione del mangiare col parlare, per cui ciò che passa attraverso la bocca stessa sono sensazioni (piacere), sazietà (completezza) e la parola (conoscenza).
Ma il cibo, e tutto ciò che lo circonda nell’ambito dell’alimentazione, ci permette di comprendere che è un vivo e basilare monito nei rapporti familiari, poiché è in tale cerchia domestica che si apprendono le innumerevoli modalità di nutrirsi e al modo di assunzione del cibo stesso che si inizia un dialogo e a creare specifici rapporti col mondo che ci circonda: l’accettare o rifiutare un cibo ci permette di comprendere, inequivocabilmente, che si vuole comunicare qualcosa.
   Il periodo adolescenziale pone in risalto la capacità di rifiutare totalmente il cibo o, nel peggior dei casi, assumerne grandi quantità, può divenire una circostanza particolare di eccesso emotivo in risposta a situazioni di stress vissuto o di ansia percepita all’interno del nucleo familiare. In individui introversi e chiusi con se stessi, facilita l’impossibilità di “usare” la bocca onde poter esprimere con la parola i propri conflitti interiori con i genitori o coetanei, per cui può condurre a usare la bocca stessa per esprimere tramite il cibo tale incapacità comunicativa.
Le gravissime conseguenze a cui tali comportamenti possono portare, oggigiorno sono sotto gli occhi del cosiddetto mondo moderno e sviluppato: obesità e bulimia, per quanto concerne l’ingerimento smodato e incontrollabile di cibo con successivo vomito auto-controllato, e l’anoressia, situazione diametralmente opposta, cioè il sistematico rifiuto del cibo, che oggi sono delle gravissime patologie in costante aumento particolarmente, appunto, durante il periodo adolescenziale, perciò sono facilmente preda di ciò se non seguiti e controllati con estrema attenzione da parte della famiglia. Purtroppo, sempre maggiormente, si assiste a un modello estremamente permissivo, e remissivo, da parte delle famiglie stesse nei confronti dell’educazione alimentare dei propri figli. A tale riguardo, non sono di assoluto aiuto, anzi, completamente negativi, i media che ci bombardano con inusitata pubblicità di modelli e stili di vita in cui il cibo è dato troppo rapidamente a scapito dello spazio della convivialità e conversazione, a favore di un’ossessiva rappresentazione di modelli di estrema magrezza femminile e di maschietti troppo palestrati e perché no … anche un po’ tonti!!
   In ogni dove sentiamo parlare e ne siamo costantemente ossessionati dai mass-media che divulgano diete e “miracolosi” regimi alimentari, di calorie e di impeccabile forma fisica, ma soprattutto di prodotti dietetici, poiché nel nostro paese sono spesi milioni di euro per l’acquisto di questi elisir di lunga vita, che si possono definire “scorciatoie” per un ipotetico e ottimale risultato: per chi li utilizza, non sempre, ma certamente grandi interessi per chi li produce e diffonde.
La comunicazione che il consumatore riceve con il prodotto dietetico è un’ipotetica certezza in cui bellezza, forma fisica, vigore ed eterna salute, sono legate a clausole restrittive quali “Ti devi conformare a questa società in cui è l’estetica a farla da padrone, per cui se non ti adeguerai sarai immancabilmente escluso e considerato un reietto”.
Da ciò se ne deduce che forma fisica e il piacere gustativo del cibo diventano immancabilmente inconciliabili, il piacere diventa illecito e ogni volta che si mangia si è presi dall’angoscia di fare qualcosa di sbagliato per se stessi.
Ma allora, come possiamo diventare degli accorti consumatori capaci di alimentarci correttamente?
In pratica, possono esserci tre punti fondamentali che ci vengono in aiuto:
- 1 - Individuare il personale e corretto profilo alimentare a seconda l’attività svolta, età e di eventuali alterazioni del metabolismo e patologie;
- 2 - Assumere gli alimenti, cioè mangiare con un appetito “fisico” e non “psichico”: il digiunare o il mangiare con ingordigia sono inequivocabili segnali di squilibrio comportamentale da evitare assolutamente;
- 3 - Valutare sempre attentamente i messaggi pubblicitari, in quanto non sempre ciò che è ottimo per il palato fa bene alla salute in considerazione del proliferarsi sempre più di intolleranze e allergie.

   Si può concludere affermando che l’alimentazione è un processo fortemente educativo che consente la conoscenza di sé, degli altri e del mondo che ci circonda. Una persona che si nutre e alimenta correttamente sapendo ciò che gli può essere utile o dannoso, è decisamente un individuo che vive in armonia la propria vita, in quanto ha pienamente compreso che l’alimentazione deve essere vista e considerata come valori per la crescita complessiva di sé e non solo come riempimento della ”pancia”.

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