Vivere la Lucania e non di Lucania o in
Lucania, consente uno sguardo aperto e , forse, un po' lirico su una regione
italiana bellissima e poco conosciuta. Non solo è poco conosciuta, è confusa
addirittura con altre regioni quali Campania, Puglia, Calabria. I confini
lucani sono con quelle regioni e ne condividono alcuni destini, ma non tutti,
quando i confini non sono due mari su cui affaccia.
I
destini che condivide, stanno, ad esempio, nel razionamento di acqua che da
sempre la Basilicata manda in Puglia. Una regione ricchissima di acqua “ deve”
concederla in Puglia e i cittadini approvvigionano i serbatoi dalle 6:00 alle
10:00 del mattino. Quest' anno ipotizzare questo per Roma, non il Lazio, Roma!
Ha fatto gridare allo scandalo! Roma no! L' intera Basilicata sì e da sempre. Condivide
con la Campania la “terra dei fuochi”,
ma qui non se ne parla, anzi! Grandi distributori vantano “prodotto in Lucania”
“evitando” Campania proprio per disinformazione degli acquirenti che non sanno
del gran male prodotto dalle trivellazioni col carico di contaminazioni nelle
falde acquifere, la diffusione cancerogena a seguito delle attività estrattive.
Qui si baratta la salute col lavoro proprio come a Taranto.
Altro
destino comune con le regioni con cui confina è la negligenza verso gioventù
persa e dispersa, non stimolata, a rimanere. Dovrebbero contenere la
“desertificazione” dei borghi storici, concedendo, a titolo gratuito, case ai
giovani disposti a rimanere a viverci. Il loro lavoro andrebbe favorito con
formazione e fondi, progetti cooperativi ed europei, andrebbero sostenuti a
restare sul territorio e andrebbero educati alla custodia dei saperi e sapori
genuini, quelli che pensiamo qui, ma che proprio qui stanno scomparendo. O si
fa così e rapidamente, o presto fra i 1730 paesi circa che “scompariranno” in
Italia entro il 2030, (cfr A. Caporale “ Acqua da tutte le parti”), molti
saranno lucani; casa e lavoro, dunque, a chi resta! Ma così ancora non è.
Abbiamo conosciuto Katia e Marco, una
giovane e bella coppia, che hanno avviato una piccola impresa familiare di arte
bianca, benché lei sia stata brillante studentessa di biologia molecolare a
Pisa e lui sia geometra “con timbro”. Trovare “colti” panettieri non è cosa
rara; abbiamo già conosciuto ingegneri milanesi diventati allevatori in
Toscana, fotografi di chiara fama che aprono fattorie biologiche, cantanti
stranieri che si fanno “vignaiuoli” in Italia. Sono queste scelte di
vita,conversioni filosofiche. Il punto è che Katia e Marco non hanno avuto
scelta. Questo rende meno democratico un paese che si dichiara democratico.
Katia e Marco, a nostro giudizio, sfornano i migliori biscotti al farro del
paese e il loro pane esclusivamente a legna e pasta madre, è altamente
digeribile, gustoso, curato nella scelta della farina, nella lievitazione e
nella cottura. Chi ha insegnato loro tutto questo? Chi ha improntato i capitali
per la loro piccola impresa artigianale?
Nessuno! Una regione che ha così pochi abitanti e non riesce a
prendersene cura scandalizza davvero. E’ necessario organizzare corsi
professionalizzanti a ciclo continuo articolati, nel caso di Marco e Katia,
dalla panificazione al marketing, dalla comunicazione alla messa in rete con i
produttori biologici a filiera corta, sino alla progettualità con le scuole per
un' ducazione ai sapori e tradizioni del territorio. La regione Basilicata
dovrebbe inserirsi, anche attraverso Katia e Marco, nelle virtuose realtà slow-food
e dovrebbe promuovere ogni singolo borgo lucano a fini turistici cui potrebbero
rispondere persone interessate alla montagna come al lago o al mare o alla
collina, senza dimenticare i siti archeologici, il passato greco e duino,
nonché federiciano del territorio. Altrimenti penso che questa regione non si
meriti ragazzi così bravi, miti, onesti, capacissimi nel loro lavoro. Ho visto
quaderni zeppi di appunti con tempi di lievitazione e tempi di infornata;
sembravano quelli di una puerpera che segue le prime poppate del bimbo per accertarsi
della sua salute e crescita. Ecco, se la Lucania imparasse da Katia e Marco a
tenere un virtuoso quadernino in cui si accerta premurosamente della crescita e
salute dei suoi giovani, farebbe la cosa giusta. Farebbe la cosa giusta a fare
dei bandi per fornire attrezzature all’avanguardia a queste giovani imprese
perché il lavoro è fatica, ma di lavoro si deve poter vivere e non morire
schiacciati dai pensieri dei mutui.
Che politici sono
quelli che crescono figli poi chiedono loro un eterno destino di migranti
oppure di restare, rischiando del proprio?
Dopo
il film “Basilicata coast-to-coast”, questa regione è sparita di nuovo; sicché
non resta la menzione ai telegiornali quando Renzi e Boschi si recarono a
Potenza a riferire riguardo a un “piccolo scandalo” di partito. Il cagliaritano
sta proponendo invece realtà all'avanguardia; una tra queste è “l’orto al bar”
su lettiere a vista ricavate dalla lana, ad esempio. Perché non in Basilicata?
Non manca la lana e non mancano né la cultura né la capacità-passione, come
quella di Katia e Marco, tese come un filo tra tradizione e innovazione.
Manca una regione e
mancano dei politici che abbiano davvero a cuore questa terra che siano stanchi
di violarla e desiderosi di arricchirla, popolarla, lasciarla visitare
attraverso una viabilità sicura e moderna.
Matera capitale della cultura è anche a
Bella, al forno di Katia e Marco dalle 4:00 del mattino alle 20:00 di sera
quando donano il pane vecchio agli animali stremati dalla siccità. Hanno già
dato di più questi ragazzi a questa terra di quanto più questa terra abbia dato
loro, hanno già fatto cultura e politica migliori di quanta ne abbiano intorno.
di Lorella Rotondi
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