SCRITTO
DA VOI, amici gastronauti!!!
Un caro e sincero invito agli“amici gastronauti” che ci vengono a trovare sul sito e se
anche Voi avete storie, aneddoti, curiosità, ricette ed altro ancora
dell’immenso mondo dell’enogastronomia, siete gentilmente pregati, se avete
piacere, di inviarceli all’indirizzo – enotia@virgilio.it –
Saranno attentamente vagliati e
se interessanti e piacevoli, fattore che non si dubita assolutamente, saranno
pubblicati col nome dell’autore, nella vostra rubrica, appunto:
SCRITTO DA VOI, amici gastronauti!!!
Grazie di quanto amici cari,
aspettiamo le“vostre personali” avventure,
esperienze bacchiche e quanto altro, del meraviglioso mondo dell’enologia,
gastronomia, alimentare e storicità ed altre infinite curiosità.
Un sincero GRAZIE ai cari amici
gastronauti che hanno inviato
curiosità, aneddoti e tanto altro ancora di piacevole riguardante l’immenso e
gradevolissimo mondo dell’enogastronomia: dai grandi vini, agli alimenti
utilizzati per semplici e simpatiche portate, o per la grande cucina, non solo
dell’italico paese, internazionali.
Un
caloroso benvenuto a colei che, per prima, ha inviato la personale stesura,
dando l’avvio alla suddetta rubrica: alla cara amica LORELLA ROTONDI il piacere
di essere il numero 1!!!
Aspettiamo ancora numerosi e
simpatici scritti che tutti voi, cari gastronauti, vorrete inviarci.
Sottostante, il testo, interessante e
piacevole, con cui Lorella ha aperto questa seducente collaborazione con tutti
voi: grazie ancora!!!
“Buhaioli c'è le paste!”
Ovvero:
la Firenze di un tempo
L'espressione più accreditata si riferisce ai cavatori di rena dal letto
dell'Arno. Una lunga pala, forse di cinque metri, era l'attrezzo da lavoro; un
lungo palo ficcato nel fondale consentiva l'ancoraggio nel punto da scavare;
una piccola chiatta portava il “renaiuolo”
nel punto dell'Arno da cui cavare gli inerti per l'edilizia.
Va da sé che il lavoro era ingrato in
qualsiasi stagione, pertanto necessitava di almeno due gratificazioni: il
pasto, che oggi diremmo ipercalorico e di un arrotondamento economico, in
quanto l'uno e l'altro entrano autorevolmente nel campo enogastronomico.
Il pasto consisteva solitamente nelle
paste al pomodoro, seguite da panzanella di cipolle tagliate sottili con
pane raffermo bagnato nell'aceto e acqua, con olio, sale, pepe e un bel fiasco
dell’immancabile vino rosso. Le mogli, a turno, andavano a cuocere il pranzo in
riva al fiume in una caldaia comune ed appena pronto, gridavano “Bucaioli c'è le paste!”. Uno passava a
ritirare i compagni e scendevano a riva raramente senza la zucca svuotata e
incatramata che usavano per pescare intanto che “bucavano” l'Arno. Solitamente,
il pesce veniva lasciato alla donna che già aveva fissato la vendita a una
trattoria sui lungarni o con la fantesca di qualche casa di signori per
cavarsi un capriccio: insomma, con chicchessia, pur di arrotondare la magra
paga quotidiana costata però tanta fatica.
Ma
questa è solo una delle versioni che circolano tra i fiorentini.
L'altra si riferisce alle buche in
San Lorenzo: cosa sono? Oggi sono le botteghe antistanti l’omonima Chiesa che fu teatro della famosa congiura
de' Pazzi, quella con la facciata non finita, per intendersi. Ebbene, quelle
buche, sotto il livello della strada, erano botteghe anche un tempo con
artigiani del cuoio, tessuti, etc. A mezzogiorno passavano i carri con le
vivande, la street-food di allora, che al grido “Buhaioli, c'è le paste” richiamavano i bottegai dai loro tuguri
per un pasto rapido, gustoso e sostanzioso. Oltre alla pasta al pomodoro, c'era
il lampredotto e salsa verde. Potevano esserci pane e trippa alla fiorentina
oppure il “buho”, la poppa ... insomma il quinto quarto con
l’onnipresente fiasco di vino rigorosamente rosso.
Ci convince meno, ma molto meno, la terza
versione che fa riferire l'espressione alla categoria degli stradini che
tappavano le tante buche delle strade. Essendo comunali, poi ... a
mangiare ci pensavano da sé, nel caso.
Vero è, che “buhaioli” non è nata come parolaccia, mentre in tempi moderni
ne hanno fatto un epiteto dispregiativo, un insulto gratuito che oltre a
offendere la virilità della vittima, accende il termine anche di
un'altra sfumatura prossima al dare del bastardo, sicché è un doppio insulto in un solo termine:
tipico della burlesca fiorentina!
Noi restiamo affezionati alla
versione aneddotica ed enogastronomica popolare.
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