Un
dittatore vegetariano non è meno dittatore
di Lorella
Rotondi
< Con questo intenso e profondo scritto, la cara
amica Lorella pone in evidenza una caratteristica delle innumerevoli e contorte
intime personalità di un personaggio che ha fatto si che non solo l’Europa, ma
il mondo intero, con oltre settantun milioni di vittime tra civili e militari,
e per quasi sette anni, siano stati messi a ferro e fuoco.
Tale alimentazione
vegetariana, in quanto rifiuto dell’aggressività della carne e amabilità verso
il prossimo, sembrerebbe porre in evidenza, forse, che il dittatore sia un uomo
pacifico e che detesti tutto ciò che l’aggressività stessa permette di
manifestare, ma purtroppo la realtà storica di quegli anni bui e tempestosi
hanno decisamente smentito e tramandate le innegabili conseguenze … [ndr. P.L.N.]
>
Leggendo “Conversazioni di Hitler a tavola [Hitlers Tischgerspräche] - marzo 1942/2 agosto 1942” di Henry Picker, edito da RG, ci si fa un'idea ben precisa del dittatore
tedesco, poiché si sa, è a tavola che si rivela l'uomo in quanto si sono fatte tante pagine di
storia: alleanze, tradimenti, avvelenamenti … e ancora oggi, la tavola viene
prima della piazza, del giornale, della notizia “depurata e adattata” per i quotidiani.
Ma qui non si affronteranno pagine che comunque abbiamo gustato
con sincero interesse storico riguardo al rapporto tra Hitler e i tedeschi
all'estero, o il suo pensiero sull'avvenire dei popoli dell'est o le
comunicazioni e problemi tecnici, o religione e razzismo o scienza, religione e
chiesa.
In questo libro si entra nell'intimità di Hitler per cercare di comprendere la psicologia
dell'uomo.
Henry Picker, che per
alcuni mesi sostituì lo stenografo Heinrich Heim nelle funzioni di
trascrittore, riporta fedelmente i discorsi e le conversazioni avute dal Führer
durante i banchetti che ebbero luogo nei quartieri generali di Wolfsschanze e
Werewolf e, come avverte nella prefazione, “
… non è il caso di giustificare o di condannare il significato di questa
raccolta di documenti. Per poter giudicare i rivoluzionari della storia,
occorrono tempo e distacco”.
< Corretta
valutazione nella quasi la totalità degli interessati, ma il “caporale
austriaco” aveva fatto conoscere i personali punti di vista già quando era un
illustre e sconosciuto imbonitore quando teneva allegoriche riunioni nelle birrerie della
disastrata e inflazionata Germania dell’immediato primo dopoguerra, con fiumi
di birra, pessimi shnaps e grassi würstel, e non era ancora l’incontrastato e “soprannaturale” dittatore. [ndr.
…] >
Ci vogliamo interessare
solo del pasto di Adolf che iniziava con zuppa di cavolfiori, razione fissa di
pane con 20 g di burro e un po’ di formaggio fresco fatto col latte: non si
sarebbe mai sognato di mangiare burro e formaggi chimici come dettano
ora le direttive europee, e a fine pasto consumava un po' di un tonico per lo
stomaco: forse aveva “capito” che non avrebbe mai portato a termine i personali
sogni di gloria e grandezza e cominciava a soffrire di ulcera? Infine, volevo approfondire
perché apprezzasse tanto il regime vegetariano ed è lui in persona a
rispondermi, a pag. 219: “ E' evidente
che un carnivoro come il cane è ben lontano dal fornire un rendimento
paragonabile a quello del cavallo, che è erbivoro … ”, inoltre consiglia
che gli alimenti “ … vanno consumati allo
stato naturale … ”, mentre metteva sull'avviso i fumatori in quanto “ … fumavo dalle 25 alle 40 sigarette al
giorno /.../. Buttai le mie sigarette nel Danubio e smisi definitivamente di
fumare”, pag. 215.
Ritagliando il settore enogastronomico nel nostro testo in esame,
si può affermare che ci sono personalità e sicura originalità nel sostenere
pubblicamente un pensiero certamente inusuale all'epoca. Hitler sostiene la tesi
della bontà del regime vegetariano contro gli scienziati scettici e che il
beriberi e altre malattie si possono curare al massimo in otto giorni “ … grazie a un'alimentazione vegetale, e precisamente a base di bucce di
patate crude”. Riguardo al fatto che i cibi non vadano cotti, Hitler lo
sostiene osservando il comportamento della zanzara, della rana, della cicogna,
tra loro in catena alimentare, ognuna ottiene il massimo potenziale nutritivo
perché “ … un'alimentazione veramente
razionale deve ispirarsi al principio che il cibo ha un più alto valore
nutritivo se viene consumato allo stato naturale … ”. Tutti gli studi sulle
vitamine dimostrano che il processo di cottura e di preparazione degli alimenti
ne distrugge le componenti più preziose. Certo, la cottura non distrugge
soltanto elementi nutritivi, ma anche i batteri.
Se oggi i nostri bambini
sono tanto più sani di quelli della Germania imperiale o dell'immediato
dopoguerra, ciò si deve anche al fatto che la maggioranza delle madri si è
persuasa a nutrire i propri figli con vegetali crudi anziché con latte bollito.
Altra autorevole fonte è Margot
Woelk,
una delle ultime sopravvissute del team di dodici persone che si dedicavano
all’alimentazione del Führer.
La Woelk, 95 anni compiuti, ha aspettato tanti anni prima di
rivelare questo piccolo segreto ai giornalisti: perché? Perché non si riusciva
a immaginare un uomo non carnivoro, specie se capo di stato, specie se Hitler.
Sin dal monachesimo, la carne rossa veniva limitata nel consumo, specie nella
regola benedettina, per contenere al massimo il potenziale aggressivo che le si
attribuiva: in questo caso, l'istinto aggressivo prescinde dall'alimentazione,
dunque.
Era l’assaggiatrice
ufficiale di Hitler, cioè l’incaricata di cibarsi dei suoi pasti
esattamente un’ora prima che venissero serviti nel quartier generale del
partito nazionalsocialista in Polonia, la Tana sul Lupo
La Woelk, assaggiatrice
per oltre due anni e mezzo dei menû di Hitler, precisamente dal 1941 al 1944,
non ha dubbi e conferma che “ … era
completamente vegetariano, mangiava le cose più deliziose e fresche, dagli
asparagi, ai peperoni, ai piselli, serviti con riso e insalate. Era tutto
organizzato su un piatto. Non c’era carne e non mi ricordo di aver mai visto
pesce ”.
Secondo alcuni altri
storici, soprattutto Spencer, Hitler divenne vegetariano dopo la morte Geli
Raubal, nipote-amante, settembre 1931, perché la carne gli “ricordava” il suo cadavere: sensazione decisamente macabra e
poneva già in evidenza l’intima e particolare personalità.
Sulla figura dell’amante-nipote
appunto, nel Terzo Reich aleggiò sempre un alone di sacralità e mistero voluto
da Hitler in nome del suo amore spezzato. Hitler e il suo rapporto col cibo sfiora, come per tutti, il
suo rapporto con la vita, con la passione vitale. Ebbe certamente dimestichezza
con la morte che immaginava “bianca”
come la neve, tant’è che apprezzava infatti, che i giapponesi e cinesi si
vestissero di bianco in segno di lutto, “
… durante il soggiorno nelle zone alpine,
egli si sente a suo agio solo quando può osservare di lontano i nevai, questi sudari funebri … ”.
Ma ebbe anche un
intensa vita ricca di passioni per cultura, arte, bellezza, smodata smania di
dominio: un dittatore vegetariano, non è meno dittatore …
Nessun commento:
Posta un commento