Il fascino del pesce
balestra alla tegola, un giorno a Livorno
Una canzone di Niccolò Fabi, “Perde
la città”, un certo punto recita così:
Hanno vinto i ristoranti
giapponesi
Che poi sono cinesi anche
se il cibo è giapponese
I locali modaioli, frequentati
solamente da bellezze tutte uguali
Le montagne d’immondizia,
gli orizzonti verticali
Le giornate a targhe
alterne e le polveri sottili
Hanno vinto le filiali
delle banche, hanno perso i calzolai
E ha perso la città, ha perso un sogno.
Crediamo abbia ragione l'artista: là dove si
perde il contatto, il lavorare con passione d'artigiano e in “verità”, gusto
per quel che si fa, ci perde la città e ci perdono gli uomini. Non così al “TEGOLO”
di Livorno in Piazza Garibaldi 10, quella vicino al Parcheggio MODERNO, per
intenderci, perché a Livorno di Piazza Garibaldi ce ne sono tre. Questa è
quella in fondo a Via Grande, dopo Piazza della Repubblica.
Da Quercianella arrivano Patrizia
Mazzeranghi e Alessandro Panichelli, proprietari del locale a Livorno da otto
anni. Un locale che oggi sposa contaminazioni di recupero e inserimento di
motivi architettonici contemporanei. Uno stile in cui i giochi di luce e la
musica d'ambiente creano uno spazio coinvolgente. Primo dato apprezzabile sono
i giorni e gli orari di apertura: 365/365 giorni l'anno a pranzo e a cena!
Questo indica che casa è lavoro e lavoro è casa. La Signora Patrizia ha un
talento naturale in cucina, ma educato per sensibilità e umiltà ai contatti
avuti con gli chef incontrati negli anni. Il Signor Alessandro ci mette il
gusto per le materie prime: il meglio di ogni rifornitore.
Ristorante di pesce
fresco di prima qualità e per lo più locale, specializzato in crudité servite
alla francese e pesce cucinato nella tegola, da qui il nome del ristorante.
Meravigliosi i primi come la “carbonara
di mare” o il “risotto al nero di seppia”.
Antipasti come la “crema inglese giuncata
con granella di pistacchio indivia
belga lardo di Colonnata e gamberi rossi di Mazara del Vallo” o la “verticale di seppia o di baccalà”, sono
difficilmente confondibili.
Cucina
espressa, carta dei vini ben articolata e di accompagnamento armonico con i piatti
proposti, dolci casalinghi e il caffè tostato a legna consentono di trascorrere
una serata in cui Alessandro è un po' il “calzolaio” che non dobbiamo perdere
se non vogliamo metterci nelle mani delle catene di montaggio o dei gastrosofi
“confusi e felici” che parlano a volte a piatti vuoti, o, peggio ancora, comuni,
che necessitano dell'estro della nonna all'uscio accanto per una proposta originale
nel menù di tradizione.
Sarà bene tenerci stretti coloro che non ci
fanno perdere un sogno, quello di mangiare bene e di uscire di casa per non
mangiare come a casa.
Lorella
Rotondi.