venerdì 15 gennaio 2016

IL PICCOLO PRINCIPE ABITA QUI ...

Il Piccolo Principe abita qui …
Ristorante “Frangipane” a Grottammare
                                                                                                                                                                                    di Lorella Rotondi

   Capita di trovarsi nelle Marche e di voler salire in collina per avere il mare ai piedi, così che l'odore di salmastro invernale salga più ricco tra le pietre e i mattoni dei muraglioni. Qui la vetriola è incastrata con le bocche di lupo mentre l'oleandro riposa: ha fatto la stagione come i bagnini e gli chalets. Ora le chiese spargono incensi e lumini, paliotti seicenteschi e luminarie.
Con la curiosità di chi ritorna e non riconosce le orme lasciate, entro in un ristorante di cui mi è stato detto garbo e originalità come cifra autentica. Consumo la cena con amici cari, ma resto attenta ai dettagli. Non finiscono mai. Non solo nei piatti, che mai sono banali o consueti, pur offrendo l'assoluta sensazione della genuinità attenta, addirittura vigilata, ma anche nell'arredo, nelle piccole rarità. Grande gusto e attenzioni anche nell'apparecchiatura.
Intervisto il giovane proprietario, Luca Traini.
< Passione per la cucina e passione per il bello. Li coniughi insieme o l'uno precede l'altro? >
- Penso da sempre che la passione guidi e governi l'uomo … o almeno così lo è stato per me. Attraverso essa guido le mie azioni, come appunto la creazione di sempre nuove ricette, alimento il mio animo ricercando e circondandomi anche di cose belle cui ho piacere di condividere con tutti quelli che passano per il Frangipane. Creare una ricetta, partendo quindi dalla ricerca degli ingredienti, e in questo la natura ci offre colori, forme e sapori straordinari. Lavorarli e trasformarli in modo che possano unirsi e convivere tra loro nella realizzazione del piatto, la paragono ai quadri paesaggistici di un pittore fiammingo o a un'istallazione di Philippe Parreno la cui cornice è, appunto, il bordo di porcellana. Questo scatena in me emozione che cerco di trasmetterlo sempre ai miei ospiti. 
< FRANGIPANE: storia di un "battesimo". Quando e come hai scelto il nome del tuo restaurant?
- Frangipane deriva dal fiore omonimo dell'America tropicale, che se ne fanno delle ghirlande di benvenuto ai turisti.
Il nome c'era già come lo spazio, io l'ho recuperato dopo un lungo abbandono. Era un locale che frequentavo abitualmente, gestito da una mia amica, ma era molto diverso. Poi il caso ha voluto che lo prendessi io, in quanto mi dispiaceva vederlo chiuso ogni volta che vi passavo davanti. Ho tolto tutta la polvere, riportato a luce i mattoni dell’800 e ridato nuovo battesimo.
"Frangipane" nasce da una storia di amore. Un amore di due fidanzati, una grotta, delle pentole e una bambina da tanto desiderata e mai arrivata, si sarebbe chiamata così. Potrebbe esser stata la sceneggiatura di un film o un romanzo: ho deciso di riprendere il "carteggio" e continuo a scrivere, di mio pugno, i capitoli. Diciamo che sono il padrino.
< La cultura in cucina : basi alberghiere e enogastronomiche, uno spiccato senso artistico e al decor Design ricercato e neo-romantico fanno da specchio a una passione autentica. In tre anni di lavoro, e di ricerca, puoi dire di aver appassionato la tua clientela? E quale clientela si appassiona al "Frangipane"?
- Il mio percorso formativo è stato, per così dire, orizzontale anziché verticale. Fin da ragazzino ero attratto e interessato da tantissime cose che mi circondavano. Sono cresciuto nel laboratorio artistico di mia cugina che era proprio sotto casa mia. Mi incantava vederla dipingere mentre sfogliavo libri d'arte pieni di immagini. Poi di nascosto le rubavo i colori per i miei disegni e gli anni passavano. Siamo sulla riviera Adriatica e qui siamo votati all'accoglienza turistica; oltre agli hotel, ci sono tanti ristoranti. Molti ragazzi di qui hanno intrapreso studi alberghieri e io sono uno di quelli. Poi non mi bastava e sono andato a studiare lingue e letterature all'università, ma anche li passavo più tempo in aula di disegno all'Accademia di Belle Arti piuttosto che in biblioteca. 
Questi i cardini, e da loro partono tutte le altre diramazioni. Nella "casa" Frangipane c'è infatti sempre qualcosa di nuovo, da assaporare, da vedere, da annusare, da vivere. E i miei clienti vengono per questo. Vogliono un posto dove stare; trascorrere del tempo insieme al proprio partner, alla famiglia, tra amici. Quasi che il cibo diventi solo il giustificativo del convivio o meglio, non necessariamente. 
La clientela si è delineata da sola. Molte ragazze e signore che vogliono trascorrere insieme spensieratamente il tempo di una cena a termine della loro giornata lavorativa, coccolate da musica jazz anni '40 e piccole attenzioni. Poi ci sono le coppie di innamorati o che qui si innamorano. 
< FRANGIPANE è il tuo punto di arrivo o di partenza?
- Frangipane è il primo progetto ufficiale totalmente mio. Ho lavorato, condotto e supervisionato diversissime altre realtà, ma questo tra tutti l'ho voluto fortemente. Ho aperto proprio nel periodo più duro di crisi, contrastato da tutti, ma ho vinto e hanno capito che non ero così pazzo. Siamo stati recensiti come osteria Slow Food e presenti nelle guide. Non sarà mai un arrivo, è la dimora di questo mio momento di vita, il mio oggi. Ho girato il mondo, e il Frangipane per me doveva essere in Grottammare, sotto un muraglione, in un angolo, senza un indicazione. Un posto che passeggiando scorgi con gli occhi, incuriosito sbirci dalla vetrata e poi comprendi che è un ristorante. O una casa, un bric-à-brac?
< Tu che piatto sei? 
- Sono un dessert. Una sfera di cioccolato molto fondente con pezzi di fava di cacao, ripiena di una ganache di litchi e melagrana, mandorle, pepe, e fava tonka. Un pizzico di sale anche. Con una pallina di gelato al tè nero aromatizzato alla rosa damascena accanto. Un dolce che invada di sapori da scoprire il palato evocando ricordi.
<Due menù importanti: Capodanno e cena romantica del 14 febbraio. La tua proposta con "fotografia" e colonna sonora.
- Vero, due eventi importanti, ma tra i due preferisco il 14 febbraio. Per tale data, unito al giorno precedente e successivo, il locale acquisisce un aspetto ancora più intimo e romantico. Lo scorso anno avevo preparato per i miei ospiti un'installazione di immagini di Raymond Peynet disseminata in tutto il locale, toilette compresa. Per me era uno degli illustratori che con estrema semplicità sapesse riprodurre nelle sue tavole la purezza degli innamorati. Per il menù avevo studiato un susseguirsi di piatti che avessero il contrasto, ma allo stesso tempo la fusione di due elementi opposti. Non è così che sono formate le coppie? Cito fra i piatti proposti la "Crudité di cuori di carciofo con petali di viola" e un "Riso vialone con petali di viola e mandorle", un dolce da mangiare con un unico cucchiaio e con le dita ...
Capodanno invece è stata l'occasione di presentazione di un piatto che a declamarlo ho fatto intimorire molti. Delle "Fettuccine allo zafferano con una crema di noci, camomilla, ricotta salata e pepe di sichuan", le terrò in menù tutto il mese di gennaio. Certo non è mancato, al momento del brindisi, un gran panettone servito con una "Crema all'inglese all'anice verde di Castignano", un presidio SlowFood.
Sottofondo di entrambe? Glen Miller, Duke Hellington, Peggy Lee, Ella Fitzerald e la voce satinata di Billie Holiday.
< Ti congedi sempre con zenzero candito e confetti dal cuore raro, stra-ordinario com'è capitato a noi il 24 dicembre scorso, oppure hai in serbo anche altre gentilezze per la tua clientela?
- Il congedo di fine cena è molto importante perché è quello che farà ricordare di te, come un saluto. Varia in base alle "dolcezze" che trovo durante le mie trasferte, che poi ho piacere di offrire ai miei ospiti. I confetti provengono da un piccolo laboratorio proveniente dalla scuola di Sulmona che li produce biologici di diversa farcitura; lo zenzero candito viene prodotto con la stessa ricetta con la quale si fanno le scorzette di buccia di arancia. Può capitare a volte che ci siano dei bon bon della confetteria torinese Stratta, cioccolatini di Gobino, ma anche dei macaron, de La Duree però.
< La crema per le mani, il sapone raffinato, la carta vergatina avorio con stampa seppia del menù ... è corretto dire che cerchi di arrivare tra location, cucina, garbo e musica a toccare tutti i cinque sensi dei tuoi ospiti?
- Si, per me è fondamentale. Ho cercato di attivare tutti i sensi perché come anticipavo prima, chi viene da noi non lo fa solamente per consumare un pasto. Ci sono molti pezzi di design, da Fornasetti, Seletti, Cappellini, Flos, Castiglioni ma anche mobili ottocenteschi e opere di artisti contemporanei. Fanno contorno, ma non creano stonature.
Io la paragono ad una seduta in una spa, dove ci si ritempra corpo e anima. Oltre al profilo salutare del cibo, ci avvaliamo di una collaborazione con una nutrizionista che supervisiona e costruisce con noi i menù, c'è sì la musica che ha un effetto distensivo, mai troppo alta, i colori e le luci soffuse e calde, diffusori di aromi diversi posizionati in punti precisi, ma anche pietre dure, come quarzi, agate, ametiste per un trattamento cristallo terapico: quest'ultimo era un segreto!
< Qual è la domanda che non ti è stata ancora posta e a cui avresti voluto rispondere volentieri?
- Io rispondo a tutte, le più belle sono sempre quelle dei bambini. Più che le domande apprezzo molto chi comprende l'atmosfera che pervade il locale, perché penso che chi ha una buona sensibilità di anima percepisce tutto.
< Quanto Arte e Cucina, ma anche l'arte in cucina, hanno sdoganato il sentimento di provincia facendo di te un uomo del/ per il mondo benché orgoglioso della tenacia che solo la provincia coltiva così talentuosa? Oppure hai dovuto prima farti "cittadino del mondo" e poi approdare all'Arte e Cucina?
- Io sono molto curioso e la curiosità per me è fare esperienza e sperimentare continuamente. Quando posso viaggio, e il mio viaggio è sempre di conoscenza. Una conoscenza della cultura, del popolo, della cucina, respirare nuove atmosfere. Ho mangiato e alloggiato in ristoranti e grandi hotel, ma anche per strada sui marciapiedi di Tokio e dormito nelle bettole di Praga. Ma al mio ritorno porto con me una valigia in più, fatta di nuove idee da condividere e oggetti da posizionare.
La provincia forse serve un po' per lasciar riflettere e metabolizzare tali stimoli. Tutti si spostano verso le grandi città perché oppressi o stanchi di essa, io invece vado e vengo e riporto qui quello che alcuni cercherebbero solo li. Per me è normale, tutto il mondo è la mia città, ovunque vado mi sento a mio agio e mi piace guardare gli occhi delle persone perché è proprio vero che l'’essenziale è invisibile agli occhi, da “Il Piccolo Principe”, e per me Frangipane è una stella con una rosa senza spine protetta sotto una campana di vetro, poi c'è una pecorella, una volpe ...

Il Piccolo Principe abita qui: se potete fate in modo di essere suoi ospiti. Un'esperienza unica.

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