mercoledì 2 settembre 2015

DAL PASSATO ...

Dal passato: pratiche magiche contro il malocchio
ovvero, la saggezza della cultura contadina nei proverbi di una volta
di Pier Luigi Nanni

   “Meldoc’ melducià, torna adòs a chi tla dà”
In parole più comprensibili: “Malocchio malocchiato torna addosso a chi te l’ha dato”, ed è giusto che sia così, poiché se si fanno certe “spiritualità”, è per far sì che chi le subisce, riceva un danno da parte di colui che invidioso, geloso o altro ancora, vuole la sua rovina.
   Era la formula liberatoria che accompagnava un rituale contro il malocchio in uso nella cultura contadina montanara, tra il bolognese ed il modenese, di “qualche” anno fa, anche se ultimamente tali riti sono tornati in auge: forse, e dico forse, perché vi è necessità di credere in qualcosa di superiore a noi che, aiutandoci, fondamentalmente danneggia l’altrui persona? Non saprei, in quanto a tale riguardo sono sempre stato fortemente perplesso, per non dire scettico …
In breve e forzatamente, parlerò del malocchio alle persone e dei “presunti” riti magici, appunto, chiamati “sendà o sindà e sandà”, che si praticavano per cacciarlo. Si diceva anche, secondo dei gesti e della materia utilizzata, “lavare” o “segnare” e comunque “fer sendà”, fare sendà.
Per comprendere appieno queste credenze, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, è indispensabile fare chiarezza su alcuni punti di vita inerenti a queste popolazioni che hanno sempre vissuto ai margini dei grandi assembramenti urbani.
Fino ai primi anni ’50 del secolo scorso, ormai lontano ed ampiamente dimenticato, molta parte della nostra montagna era di fatto, isolata. I montanari la percorrevano a piedi lungo mulattiere e sentieri quasi esclusivamente conosciuti a chi viveva in tali impervie zone. Le rare auto erano ad appannaggio dei “ricchi signori” e così pure per i cavalli, con un conseguente orizzonte esperenziale limitato ad una decina di chilometri.
Per lavorare la terra, due famiglie su tre, vivevano in cascinali sparsi tra i campi, lontani da scuole, dai dottori e dalla stessa chiesa. L’acqua era quella, se fortunati, del pozzo artesiano presente nell’aia, chiaramente senza i più elementari servizi igienici, mentre l’illuminazione era data da timide candele o fumose lampade a petrolio. La notte poi, il mondo era completamente all’oscuro, nemico e luogo di fenomeni spesso incomprensibili. Facile avvertirvi presenze non umane ed al di sopra il pensabile di tutti i giorni: spiriti, streghe, demoni, anime in pena che vagavano alla ricerca della pace interiore ed altre inquietanti figure. Come non credere al malocchio?
Che è, infatti, un male, una specie di persecuzione che ti prende per cause inspiegabili, rendendoti la vita difficile, peggio ancora di quella che stai vivendo tutti i giorni! Lo davano le vecchie sole, poiché ritenute streghe, in quanto scarmigliate, sporche di miseria e non più lucide e coscienti mentalmente. I poveri che bussavano alle porte ad elemosinare, i segnati nel corpo, cioè gobbi, sciancati, orbi e tutto un insieme di sventurati, oltre che nel corpo appunto, segnati irreparabilmente nella mente. Molti di questi sventurati, riconoscibili dallo sguardo sinistro e torvo, davano il malocchio per invidia, cattiveria e molto spesso per innata ignoranza. Esistevano anche i portatori ignari di possedere il potere d’infliggerlo e proprio per questo pericolosissimi! Il malocchio si “dava” con un’occhiata, un gesto, un semplice tocco delle mani, oppure un esplicito malaugurio o semplicemente con la sola presenza.
Un metodo in uso per identificare una o un portatore di malocchio, era di gettare un “pugnlìn”, un pugnino di sale sulle braci del camino di soppiatto, quando la persona sospetta non poteva vedere: se era strega, si faceva la pipì addosso e scoperta, diventava cattiva, inveiva e malaugurava.
   I sendà in uso erano diversi, ciascuno con proprie norme e formule, chiaramente non rivelabili, pena la perdita del potere da parte di chi li operava. Inoltre, non poteva chiedere denaro o altro compenso per la prestazione, ma solo accettare un “modesto” dono in natura dal sofferente. Soprattutto sono due i riti più frequentemente usati: quello con l’utilizzo dell’olio, oppure con i carboni.
Il primo, con l’olio, in una bacinella d’acqua si fanno cadere alcune gocce d’olio d’oliva: se le gocce, invece di raccogliersi a formare un’unica pellicola, si allargano sull’acqua e rimangono divise, il malocchio è presente. L’operatrice, o l’operatore, col personale potere, recita la formula trascritta all’inizio, oppure un’altra più innocente: “meldoc’ melducià, va vèia se te sta dà” - [malocchio malocchiato, va’ via se sei stato dato].
Il secondo “rito”, con i carboni, è molto più complesso ed occorrono molti ”poteri” per interpretarlo!
Per eseguirlo, occorre carbone di legno di quercia che, a differenza di quello di castagno, non si disfa maneggiandolo. Si tolgono cinque o sette pezzetti della brace dal focolare, sempre numero dispari, in quanto è maschio e di buon augurio, mentre se pari è femmina e di malaugurio. Una alla volta, si spengono dentro una tazza d’acqua, e tracciando nell’immergerli un segno di croce, chiaro segno di commistione fra superstizioni pagane e credenze pagane: se i carboni restano a galla, il malocchio non vi è, mentre se affondano, il malocchio ti possiede o possiede la persona per la quale ti sei rivolto al “guaritore”. A questo punto del rito, nel caso di presenza di una forza occulta negativa, sarà recitata una delle tante formule liberatorie con potenza in proporzione a quante braci sono andate a fondo: se malauguratamente tutte, il “santone” dovrà manifestare appieno la personale ed innata potenza per aiutare questo poveretto! Forse …
   Ora, nel terzo millennio già avviato, queste cose fanno sorridere, poiché la tecnologia, razionalità e frenesia del fare tutto più velocemente possibile, giacché presenti in ogni ambito della vita di tutti i giorni, e ne siamo sempre maggiormente coinvolti, non sarebbe meglio affermare contaggiati, ma … che siano questi i moderni riti del malocchio che inavvertitamente possono colpire ognuno di noi?

Non saprei dare una giustificazione a quanto, ma come disse quel famoso progenitore non più tra noi “Ai posteri l’ardua sentenza!”

Nessun commento:

Posta un commento