FASTING …
Solitamente parliamo di “banchetti”. Lo
faremo anche oggi perché il ricordo da cui parte la mia riflessione è
proprio da due magnifici banchetti: uno a base di pesce e l'altro un menù
d'autunno.
Entrambi
furono organizzati per Don Luca: una volta entrava come parroco della nostra
cittadina, una volta ne usciva. In entrambi i casi fu festa, perché quando si
amano delle persone si vuole il meglio per loro e che andare o venire
poco conta.
Nel primo caso si era ospiti di Cecilia,
un'amica comune. La bontà della serata venne dalla compagnia, dalla bene-
dicenza - rara ai banchetti e dalla freschezza del pesce che Cecilia stessa cucinò
semplicemente e quindi benissimo. La bontà è tale già cruda. Il pesce si
accompagna al buon olio, a poco aglio, a limone o pomodoro fresco. Un po' di
vino bianco tranquillo, prodotto in Chianti in parsimonia: fu un'ottima serata.
Anni dopo Don Luca si sentì male, benché
giovane. Io, che lo sono più di lui, già mi ero sentita poco bene sempre a
seguito dello stress, come oggi diagnosticano con buona probabilità di centrare
la diagnosi molti medici assai rapidamente e molto superficialmente. Lasciai la
mia sede di lavoro e terminato l’incarico amministrativo mi trasferii: Don Luca
fece lo stesso.
La
Comunità nell'autunno seguente organizzò una cena d'autunno che ci riunì
nuovamente.
Ormai
ristabiliti partecipammo insieme a molti altri. La direzione del pranzo fu
affidata a una parrocchiana diplomata all'Alberghiero e il servizio fu
impeccabile: tavola decorata con bacche rosse su toni di verde, l’arancio e
marrone ricercati dai piatti ai tovaglioli di carta con un dolce al cucchiaio
servito in una ninfea di carta che celava il contenitore in alluminio,
realizzata con le sue mani e dai giovani collaboratori; zucche, castagne e
profumi d'autunno aprirono e conclusero il pranzo.
Cecilia
questa volta era a collaborare in cucina insieme al marito, Fabrizio, diretti
dalla Signora Congiu.
Perché
ricordo queste persone e queste occasioni di banchetto oggi? Perché penso all'animalità
dell'uomo: "Che il Cibo sia la
Tua medicina, e che la Medicina sia il Tuo cibo" diceva Ippocrate ed è
naturale nella festa banchettare, nel dolore digiunare ... Ci sono tanto il
riso, energia, piacere e gioia nel primo, quanto silenzio, rallentamento,
riflessione, forza interiore nel secondo.
Don
Luca, Cecilia, Fabrizio e io, per citare solo alcuni di quei banchetti, siamo
gli stessi che dal 20 marzo si sono saziati di dolore. Il cibo è
diventato “ medicina” e senso di colpa per metterlo in bocca senza gusto
e con nessuna voglia.
Cecilia e Fabrizio sono fra i genitori
che sono andati in Spagna a prendere le spoglie della giovane figlia, Lucrezia,
morta a causa dell'incidente avuto col pullman dell'Erasmus. Conosceva le
lingue molto bene. Avrebbe vissuto a N.Y. Era fidanzata. Insegnava catechismo e
nel 2013 era stata in Terra Santa. Mangiava, a differenza di molte giovani, ed
era sempre in movimento perché attenta alla cura della sua persona. Inutile
dire che era bellissima oltre che brava ...
Tutti hanno notato in televisione e sui
giornali quanto fossero tutte belle e brave. Il punto è abituarsi a “fare digiuno
di lei”, tornare al senso della festa senza di lei. Prima non l'ho nominata
mai, eppure c'era, altrimenti non sarebbe stata festa. Oggi, dunque, volevo
essere vicina a tutti i nostri lettori che si trovano a trascorrere le feste,
mangiando amaro: intorno, giustamente!, la vita continua, ma chi è toccato così
profondamente non sa da che parte rifarsi. Bene dove ci sono dei giovani
che con un realismo tutto concreto ti spingono alla necessità di rientrare nel
quotidiano, a riaffrontare la successione del tempo che non si è fermato per
tutti, ma per la nostra Lucrezia sì. La pensi, allora, seme a dischiudersi
sotto la terra nera che offende sempre sulle giovani vite spezzate, ma poi
ricordi che terra in greco è ghe. Se lo ripeti dieci, venti volte,
scopri che è il verso di ogni essere appena nato: chiama per nome la prima
madre, la terra, terra madre. Allora pensi che Lucrezia è accoccolata nel palmo
di Dio Padre e nel ventre della Terra Madre. Scopri che è lei a banchettare
nell'alto dei cieli in piena letizia, perché quando si amano delle persone si
vuole il meglio per loro e che sia andare o venire poco conta.
Ci
ha solo preceduti, e che non ci deve essere colpa ad avvicinarci nuovamente alla
tavola.
Il CIBO deve ora sostenerci per il viaggio che questa vita è per
ognuno di noi e bisogna riunirci in letizia per lei.
E allora vorrei che di noi si dicesse “Folli sono questi cristiani che cantano e ballano
quando un fratello muore! ”, proprio come si diceva dei primi cristiani,
hanno tutti cantato e ballato, folli per il dolore della perdita e lieti di
pensare Lucrezia accoccolata nel palmo del Padre … ”
Lorella
Rotondi