E' nata una stella … anzi 5!!!
Intervista allo chef del Cipriani, Angelo Formica
Se da Perugia ci si
dirige al west , per dirla alla Guccini, in approdo Adriatico, capita di
fermarsi a prendere un panino per via.
Ebbene, quel panino capita di prenderlo in una sorta di stazione di posta da circa quarant'anni: non è più un panino, è un
rito: un rito di pane straordinario con un profumatissimo ciauscolo, una sorta
di salsiccia barzotta o di molliccio salame, dipende dai punti di vista. Un
piacere sublime. Capita di accompagnarlo alla Vernaccia di Serrapetrona, magari
tempo fa, quando di palloncini se ne vedevano solo in alle fiere o sfuggire di
mano ad un bimbo e salire ... salire ... salire. Ora acqua e si tira via. Basta
il ricordo del vino.
In questa stazione di posta
ci sono i prodotti straordinari della Valle del Menotre e, a seconda del
periodo, sugo di cinghiale fatto dal titolare, asparagi selvatici sempre da lui
raccolti e preparati, olio eccellente, farro, cicerchia, lenticchie. Nel tempo cresci e ti fai adulto
insieme ai gestori. Capita di entrare in confidenza in tanti anni. Un tempo ci
si aggiornava sull'Università, gli esami, la tesi. Nel tempo chiedi dell'amore,
della gravidanza , io mi sposo, tu ti sposi. Loro che lavorano da sempre, tu
che inizi quando loro la sanno già lunga del mondo, pur avendo la tua età. Poi
il bambino; un Angelo di nome e di fatto. Rassomiglia equamente ad entrambi i
genitori.
Un giorno vieni a sapere da un quotidiano umbro che quell'Angelo,
visto in bottega sempre di corsa, poi lontano, a Londra e non lo vedi più, è al
Cipriani. Ti fermi dall'amica che col padre di Angelo gestisce la stazione di posta e chiedi, “Ma Angelo,
Angelo?“ “Sì Angelo Angelo”, abbassando gli occhi, come se una grazia fosse
scesa e bisogna restare umili davanti alle grazie.
Provo a chiamare per un'intervista ; “non risponderà. Bah ... al
Cipriani ... sai il da fare e poi i giovani di oggi ... provo lo stesso ... se
è vero che i frutti non cadono lontano dall'albero,
può anche essere come il babbo e la madre.
Ottime persone, lavoratrici, modeste e generose. Risponderà. Provo
e ...
“Sono Angelo Formica, ho venticinque anni e vivo a Foligno. Ovvero
ci vivevo. Ora vivo a Venezia. Segni
particolari, Bellissimo, ma questo lo dico io”.
Angelo è modesto e tendenzialmente silenzioso come i genitori e
come gli umbri.
Accetta l'intervista e racconta.
“Quando ero piccolo, il mio sogno, come un
po’ quello di tutti i bambini , era di diventare un calciatore. Avevo
all’incirca otto anni quando cominciai a frequentare la cucina del ristorante
di famiglia, ed allora, dentro di me, qualcosa cominciò a cambiare, a maturare:
si stava pian piano accendendo e sviluppando il fuoco della passione.
Cominciai a capire che
quella era una vocazione, la mia vocazione: portare avanti la tradizione
familiare. I primi passi su quella che poi sarebbe stata la strada della mia
vita, non furono, per così dire, incoraggianti: cercando di ‘sperimentare’,
preparavo cose che il più delle volte risultavano immangiabili. Ma nonostante
questo, o forse proprio per questo, sentivo che dovevo andare avanti, che
quella era la strada giusta.
Da
ragazzo poi, feci una scelta, o forse sarebbe meglio dire una ‘non” scelta, di
cui ancora in parte mi pento. Il percorso fu tutto in salita. Mio padre restava
l'unico maestro perché non mi iscrissi all’istituto alberghiero, ma
paradossalmente questo fece scattare in me, ancora
di più,
la voglia di farcela da solo, di dimostrare a tutti, in primis a me stesso, che
ce l’avrei fatta, investendo al cento per cento su di me.
A 21 anni, senza sapere
nulla di inglese e senza aver un posto dove andare, partii per Londra: un gran
coraggio? Forse incoscienza e determinazione insieme.
Mi ritrovai in una
metropoli senza nessuno, né punti di riferimento. Ormai mi ero messo in gioco e
proprio lì, all’ombra del Big Ben, trovai lavoro nella cucina di un ristorante.
Stavo facendo il cuoco, con tutte le soddisfazioni e le responsabilità del
caso, non ero certo come quando andavo ad aiutare mio padre per i servizi di
catering. Restai a Londra per tre lunghi, durissimi anni. Spesso ho avuto voglia
di mollare tutto, tornare e fare semplicemente il principe a casa. Capita nei
momenti di nostalgia, di solitudine, di grande e sconfinata stanchezza.
A te sembra che la gente si diverta, che i
tuoi coetanei sono a spassarsela e tu con gli occhi all'orologio per la cottura
e per il tempo che ti separa dalla vita senza cappello e senza grembiule da
lavoro. Una doccia segna la linea sottile che separa il lavoro dalla tua vita
di ventenne come gli altri: la musica, ballare, gli amici, le donne. Intanto
cresci: inglese, cappello, grembiule, doccia. E poi ancora e ancora.
Tornai
in Italia: ormai parlavo molto bene l'inglese e avevo un discreto curriculum
che arricchii in Italia, selezionando le proposte che mi arrivavano.
Mi sentivo un vero uomo, un ragazzo
maturato, un cuoco con tutte le carte in regola.
La vita mi fece da scuola,
maestra spietata che non rimanda mai le prove: ora, tutto e subito.
Mi rimisi subito a lavorare
su e giù per l’Italia, poi il tanto atteso premio del destino: una telefonata,
era un mio collega londinese che chiamò per dirmi che il Cipriani di Venezia,
uno dei templi italiani della cucina, cercava un cuoco.
< Sono io > mi dissi
senza esitare un attimo.
Colloquio
di lavoro determinante, prova in cucina e ... una settimana dopo, ero già
lì: il
mio sogno di bambino si era realizzato!
La tenacia paga sempre! Nel mio piccolo,
vorrei dare un consiglio ai ragazzi più giovani di me. Credete sempre in voi
stessi e andate avanti con umiltà. Non datevi per vinti dopo tante, estenuanti
ore di lavoro, quando magari voi siete ai fornelli e tutti i vostri amici in
giro a divertirsi, quando gli altri guadagnano il doppio e
faticano
la metà. Oppure non faticano affatto, perché nati meglio o senza voglia/bisogno
di costruire qualcosa da sé, di capire qualcosa di sé. Bene, la vostra forza
sta nella passione per questa professione, nobile ed antica, carica di onestà.
Una passione che fa la differenza professionale. Mentre cucini ci metti sempre
un pizzico di te e quello che sei conta. L'autenticità della tua passione
conta.
Prima o poi, magari quando
meno ve lo aspettereste, i risultati arriveranno, ne sono sicuro.
Buona
fortuna a tutti.”
Angelo è rimasto Angelo.
Insiste sull'umiltà. Parla di passione, di onestà, di professionalità.
Andando lontano si conosce se stessi, si rafforza l'identità e si
impara a comunicarla al mondo in ottimo inglese, ottima cucina.
Serietà professionale. Affidabilità. Tenuta dell'obiettivo. Angelo
… a cinque stelle!
Dovrò fermarmi la prossima volta a bere alla tua salute. Mi
fermerò più a lungo a parlare con tua madre, così il palloncino non sarà un
problema. E saremo orgogliose di te, ad occhi bassi, come l'Umbria, almeno
quella più vicina ad Assisi ha da sempre insegnato.
Lorella
Rotondi