La libertà è una
fragile tela che profuma di strudel di noci
Mi sembra importante ricordare un pomeriggio
qualsiasi in una casa italiana fine anni settanta.
Due
bambini, o meglio, un bambino e una ragazzina, fatti i compiti, pensarono di
fare gli gnocchi dolci. Lessate le patate le schiacciarono poi unirono un po'
di farina, uova e lavorarono l'impasto. Aprirono una confettura di pesche fatta
nell'estate ed in ogni gnocco ne misero un cuore segreto. Mentre si scioglieva
il burro in una grande pentola nera, nella pentola che bolliva fecero fare un
tuffo rapido a quegli gnocchi. Gli gnocchi colati furono passati nel
pangrattato e poi dorati nel burro, asciugati e serviti con dello zucchero.
La nonna si commosse assaggiando quel
dolce fiumano, mentre la dolcezza della confettura le si spandeva in bocca: i
nipoti si erano ricordati del suo dolce preferito da piccina.
La nonna era venuta via nel '46 perché
ostinatamente italiana, mentre le dicevano che Fiume non era più Italia e che o
se ne andava o diventava slava. “
… ma mi abito qui mica da quando son venuti quei muli di fascisti! Mi son qui dai tempi dei romani, poi della casa
Reale d'Austria! Ma cossa i dise questi qui?” Ma purtroppo era così.
Nolente o volente, fece i bagagli e consegnò la sua nobile dimora a degli
sconosciuti. Indossò la sua pelliccia, prese per mano la figlia di otto anni e
col marito raggiunse i parenti, prima a Trieste, poi nelle Marche. In borsa un
telino “pelle d'uovo”, chiuso in
un'altra tela e poi nella carta velina ed un libriccino. Erano le ricette
scritte a mano dalla madre ed il telino sarebbe servito a Natale per fare lo
strudel con dei parenti che non conosceva, ma ai quali avrebbe offerto lo strudel
di nosi.
Ecco
cosa accadeva: la nonna Nella non sapeva dove stava andando, né se avesse avuto
davvero qualcuno in grado di accoglierla, tanto meno una casa sua. Sapeva che
comunque fosse andata Natale sarebbe arrivato, sapeva che era italiana più di qualsiasi
altro italiano, dato che aveva avuto la possibilità di rinunciare all'Italia e
che non lo aveva fatto, costringendo l'intera famiglia a condividere la sua
sorte. Il marito avrebbe coperto d'oro quella magnifica donna che non abbassava
mai lo sguardo, che girava in pelliccia benché non facesse ancora così freddo,
che aveva un libro di ricette e un telino per lo strudel, perché l'oro
l'avevano rubato già tutto o era servito negli ultimi tempi. Ebbe una casa che
guardava il mare. La divideva all'inizio con una cognata. Cucinavano insieme ed
il bagno era in comune. Si volevano bene quelle due cognate, ma la Fioretta
aveva una gran invidia dello strudel della Nella, “ … e se tutto merito della pelle d'uovo!”, macché ... un telino
era utile solo ad arrotolare la pasta sottilissima senza romperla. Era la
ricetta unica e ineguagliabile dei dolci della nonna. Noci raccolte al momento
giusto, schiacciate e tritate assieme alle nocciole e poi il burro , il
cioccolato, un po' di latte, l'uvetta, la cannella, lo zucchero. La pasta
semplice e sottilissima veniva adagiata sul famoso telino, farcita dell'impasto
tiepido di noci e poi arrotolato e posato nella teglia ben imburrata e
infarinata come un bimbo in culla. La nonna portava lo strudel a cuocere al
forno dal panettiere. Abitudini oggi impensabili. Per pochi spiccioli si
preoccupava di cuocere senza bruciare quella delizia. Una volta freddo e a casa
veniva tolto, posto nel piatto di portata e spolverato di zucchero a velo.
Dopo tanti Natali in cui la nonna
rinnovava il suo rito del Natale, due nipoti pensarono di sbirciare nel
libriccino e di scegliere una ricetta più facile da realizzare per un giorno
qualsiasi in un non-Natale. Non avevano previsto le lacrime di contentezza e
nemmeno che riuscissero a non farli aprire commettendo un sacrilegio con quegli
gnocchi dolci.
La vita è un fatto unico come un piatto. E'
anche una ripetizione quotidiana a cui possiamo dare sapore o aspettarci del
sapore. L'importante è non banalizzare il tempo del piatto come quello della
vita e la certezza di avere un rito da offrire, una dolcezza certa pur nei
momenti più amari che ci capita di dover attraversare. Se poi custodiamo un
segreto, un piccolo talento, anche fragile come un telino “di pelle d'uovo”
utile a fare del tuo dolce un pezzo unico e ineguagliabile, bhé ... allora quel
telino, quel piccolo segreto, è l’innocente vessillo della libertà.
Lorella Rotondi